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Fotostimoline

La macchina fotografica è simile all’occhio umano. O no? Dei luoghi comuni in fotografia.

La fotografia è sempre stata vittima privilegiata di tanti luoghi comuni.
In realtà ci sono altri argomenti con lo stesso problema ma ci vorrebbe un’enciclopedia e forse non è questo lo scopo di Fotostimoline.

Una delle leggende più diffuse è sicuramente che l’occhio umano e la macchina fotografica vedrebbero allo stesso modo: abbiamo un punto di vista, un “diaframma” che la luce attraversa colpendo retina/sensore e formando una immagine rovesciata del soggetto inquadrato.

Ma dimentichiamo che nel caso della vista umana non si ha un punto di vista bensì due, uno per occhio. Questo fa in modo che la vista umana, gestita dal cervello, ci faccia perceprire la tridimensionalità del mondo con le distanze relative tra i vari oggetti. Nella fotografia questo non esiste, tutto diventa bidimensionale e per restituire la tridimensionalità della scena si possono usare vari espedienti. Sulla stampa e sullo schermo si creano relazioni tra gli elementi della scena che non esistono nella realtà e vengono individuati solo dall’occhio allenato del fotografo. Si parla di “vedere fotograficamente”: quando una persona comincia a fotografare, quasi sempre non distingue la differenza. Si concentra sul soggetto e dimentica tutto il resto, non è consapevole dei problemi che possono nascere nel risultato registrato. Questo perchè la nostra vista, e qui veniamo alla differenza più grande, è selettiva: noi percepiamo quello che conosciamo, vediamo quello che ci interessa. Il neofita “vede” il suo soggetto e dimentica tutto il resto inquadrando mille altre cose, disturbi, particolari superflui, gente che passa e auto sullo sfondo. E quando mostra la foto dice “era una scena bellissima ma…non rende” . Certo che non rende! tu credevi di fotografare un tramonto ed hai invece raccontato un tetto, un braccio e due autobus nell’angolo con il cielo colorato di sfondo!

Il passaggio da questa situazione alla capacità di gestione dell’inquadratura (della “lettura” del mondo) costa fatica e tanta pratica. E nella pratica rientra anche la lettura, l’ascolto di una lezione, la discussione con i tuoi compagni di corso: con il problema che tutto questo spesso viene visto “solo” come teoria.

Allora vorrei lanciare un luogo comune anche io: la teoria non esiste!!!
La teoria come intendiamo spesso, non esiste: quella cosa che ha a che fare solo con le pippe mentali (perchè in fondo questo è quello che pensiamo quando si prova a ragionare sulle cose, giusto?).
Ma guardare foto, oltre che farle, è un’azione molto concreta di costruzione del tuo archivio mentale.
Ascoltare un fotografo che parla del suo lavoro è azione molto concreta che ti fa nascere nuove idee.
Leggere un romanzo può chiarirti come proseguire il tuo lavoro.
Mostrare a qualcuno le tue immagini vuol dire ripulire la selezione di “episodi” inutili e ridondanti.
Seguire una conferenza ha l’effetto molto, molto concreto di ampliare la tua sensibilità ai problemi da affrontare, suggerisce soluzioni pratiche.
E poi bisogna scattare tanto prima, dopo e durante la “teoria”: non sono sicuro che sia sempre doveroso preparare nei dettagli un piano d’azione, forse il progetto ti si svelerà davanti agli occhi strada facendo: ma devi partire e camminare.
In questi giorni ho conosciuto una giovane collega, mi raccontava di un suo splendido progetto. Non è riuscita a piazzarlo in alcuna rivista e quindi ha interrotto le riprese: ho poi scoperto che aveva passato quattro pomeriggi a seguire l’argomento e le ho suggerito di continuare altre 40 volte prima di decidere che il lavoro non è vendibille.
Persistere affina i tuoi occhi alla percezione delle sottili differenze, spesso diventa questione di dettagli minimi. Continuare ti fa entrare in relazione intima con il soggetto che poi “si concederà” con più libertà. Io vedo quello che conosco: e come fai a dire di conoscere qualcosa o qualcuno se non sai tutto, se non percepisci i sui stati d’animo, se non sei in sintonia? Ci si arriva solo col tempo.
Ma noi non abbiamo mai tempo: per questo siamo sempre alla ricerca di scorciatoie: tradotto in “fotografichese” vuol dire filtri nuovi, location le più gettonate possibile, ricambio continuo di attrezzatura…scorciatoie.
Parla di quello che conosci, che è quello che riesci a vedere bene.
Le scorciatoie ti mettono davanti agli occhi le cose degli altri, rischi di fare le fotografie degli altri. Sempre la stessa minestra, mentre il tuo mondo è insostituibile.
Parti da quello: istinto, intuizione, doti naturali, sono il primo passo, poi solo metodo e sudore, voglia di continuare.

Chiudo con una delle mie citazioni preferite:

“L’arte non acconsente mai al desiderio di farsi democratica; non è per tutti; è solo per coloro che sono disposti a sottoporsi al necessario sforzo di comprenderla. Sentiamo parlare molto dell’umiltà che serve per abbassarsi, ma elevarsi e raggiungere una qualità superiore, lavorando duramente, richiede la stessa dose di umiltà e un vero amore per la verità.” – Flannery O’Connor.

Ora però, dopo tanta “serietà” mi piacerebbe costruire la classifica de “I dieci luoghi comuni più gettonati sulla fotografia”.
Attendiamo suggerimenti!