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Una storia spezzina

Il cuore di Shelley che non voleva bruciare

di Alberto Scaramuccia

Villa Shelley

Sabato 14 gennaio 1967, giusto quindi 51 anni fa oggi, a villa Marigola si svolse una cerimonia che, pur non dando gli esiti sperati, fu davvero interessante. Nell’occasione la casa dove aveva abitato nel 1822 Shelley è donata all’Ente di soggiorno di Lerici ché ne faccia un museo in onore del poeta. Anche per le istituzioni coinvolte, fu un evento importante e la stampa locale ne approfittò per dire del soggiorno di quegli Inglesi che conobbe una conclusione tragica.
Percy Bisshe Shelley nel gennaio del lontano 1822, da Pisa dove abitava con gli amici Williams, si trasferì nel Golfo. A San Terenzo la compagnia affittò un villino sul mare: Casa Magni che nella descrizione di un amico di Percy, era costituita da un pianterreno senza pavimento fino a allora adoperato per armare le barche e riporre gli arnesi da pesca, ed un piano superiore con una sala e quattro stanzette. Si cucinava in un caminetto e c’era una veranda che si sporgeva sul mare. Shelley ne era così innamorato che, seppur non sapesse nuotare, vi si addentrava anche rischiando di cascar giù. Arrivano il 1 maggio e il 12 da Genova attracca un battello appena acquistato. L’amico Byron avrebbe voluto chiamarlo Don Juan come l’opera cui lavorava, ma Shelley gli preferisce Ariel, il folletto della Tempesta di Shakespeare.
Con il nuovo giocattolo il 1 luglio con Williams e un mozzo salpa per Livorno per incontrare un amico e rivedere a Pisa Byron. Lunedì 8 il terzetto riparte nonostante il tempo minacci brutto: non li rivedranno più vivi. Percy è ritrovato sulla spiaggia di Viareggio e l’amico in quella di Migliarino: per le rigide leggi del tempo, sono immediatamente inumati dopo essere statti ricoperti di calce.
Un amico, Trelawney, cerca di farli dissotterrare per dare loro migliore sepoltura, ma la legge non lo consente. Chiede allora di poterli esumare per bruciarli e tumulare poi le ceneri in luogo acconcio. A questo l’autorità non si oppone, così che il 5 ed il 6 agosto si procede alle due meste cerimonie a Migliarino ed a Viareggio. Prima di essere date alle fiamme, entrambe le pire sono cosparse di incenso, sale, vino ed olio all’uso greco.
Leggenda vuole che quel martedì 6, quando fu la volta di Shelley di essere dato alle fiamme, il suo cuore ritardava a bruciare. Allora, Trelawney lo strappò al rogo perché fosse dato alla moglie Mary che quattro anni prima aveva già composto il suo Frankenstein.
Che cosa fece il cuore non lo so, ma le ceneri di Shelley furono poi collocate nel cimitero acattolico degli Inglesi a Roma sotto la piramide di Cestio, tuttora meta di turisti.