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Economia

Polo della difesa, le sigle: "Ora la politica dica davvero cosa vuole fare"

I sindacati organizzano un convegno per la mattinata di venerdì 26 maggio nel quale sarà affrontato un tema di cui si parla da troppo tempo, senza che accada mai qualcosa di concreto.

Mattia Tivegna, Graziano Leonardi e Massimo Sensoli

Fim, Fiom e Uilm vogliono vederci chiaro. Vogliono capire quali sono davvero le dinamiche e le possibilità di sviluppo del polo della difesa spezzino – di cui tanto si parla –
all’interno del contesto europeo, per poterne anche valutare le ricadute sul territorio. Interrogativi che vengono rivolti alla politica, che venerdì 26 maggio sarà chiamata alla sbarra nell’ambito del convegno “L’industria della difesa italiana nel contesto europeo – Sviluppo del polo della difesa integrato tra: Marina militare, Fincantieri e Leonardo” che si svolgerà a partire dalle 9.30 in Camera di commercio con il coinvolgimento dei tre segretari provinciali di Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm Uil, dell’europarlamentare Brando Benifei, del senatore Massimo Caleo, del presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, del sindaco della Spezia Massimo Federici e della presidente di Confindustria Francesca Cozzani.

“La legge navale – esordisce il segretario provinciale della Fim, Massimo Sensoli – garantirà circa dieci anni di commesse a Fincantieri, ma noi riteniamo che si debba andare oltre, sfruttando al massimo la presenza delle navi della flotta e le opportunità fornite dalla presenza dell’arsenale per avere lavoro per altri 20-30 anni attraverso interventi di revamping e manutenzione. Alla Spezia ci sono le aziende e il personale specializzato, oltre al polo universitario, al Dltm e alla Marina militare. Noi proponiamo di unire le forze per determinare economie di scala e far crescere il fattore di moltiplicazione da 1 a 3. Abbiamo gli spazi da dedicare alla ricerca e allo sviluppo, non possiamo perdere l’occasione”.

Il segretario provinciale della Uilm, Graziano Leonardi, sul tema, rivendica la paternità della proposta della sua sigla rispetto alle parti politiche che recentemente hanno affrontato la questione: “Il centrodestra ha presentato le sue linee guida, Caleo ha replicato di aver parlato del polo della difesa nel 2015… la Uil iniziò a proporlo nel 1991 (vedi foto allegata)”. “Ma quel che conta di più – prosegue Leonardi – è che oggi chiediamo tutti insieme alla politica di assumersi la responsabilità di rendere concreta questa proposta. Non ci sono campanilismi, come è stato lasciato intendere in passato, quello che domandiamo è se l’Italia vuole creare un polo della difesa. In quel caso si vada davvero avanti, perché nessun territorio può vantare le condizioni che sono presenti alla Spezia. Basta parlarne solamente, siamo tutti d’accordo su quello che di può e si deve fare: la politica locale e nazionale, se ci credono, portino avanti questo progetto”.

Anche Mattia Tivegna, segretario provinciale Fiom, sottolinea il significato del convegno con il quale i sindacati puntano “a portare la politica allo scoperto: ci dicano se lo vogliono fare davvero”. “Nella difesa europea – aggiunge Tivegna – ognuno fornirà il suo apporto industriale con le sue eccellenze, che per l’Italia significa prevalentemente cantieristica e sistemi d’arma. Non possiamo più permettere che il polo della difesa italiano resti una chimera. A maggior ragione oggi che abbiamo sul territorio spezzino anche il polo universitario, che sforna i laureati per le aziende del settore”.

Secondo i sindacalisti la situazione è matura: con il piano di ammodernamento della flotta previsto dalla legge navale garantisce i carichi di lavoro sufficienti per avviare il processo senza il quale il Paese rischia di perdere la leadership nel comparto navale, in cui spiccano la forza del gruppo Fincantieri e l’immutato successo dei cannoni spezzini 76/62. Diverso è il discorso per quel che riguarda gli armamenti terrestri, nei quali Leonardo (ex Oto Melara) sembra non poter competere con i gruppi tedeschi e le nuove joint venture nate in Europa.
“Ci vuole un supporto al settore da parte del Governo, come avviene negli altri Stati – dicono in coro Sensoli, Leonardi e Tivegna – perché il militare non è un settore che si autofunanzia: gli armamenti sono venduti anche dalla politica. Inoltre servirà una cabina di regia, che a nostro avviso dovrebbe essere affidata la Marina, anche come sponsor delle produzioni italiane all’estero. Occorre che la politica e le grandi aziende facciano squadra, come viene chiesto da qualche tempo alle piccole imprese dell’indotto: altrimenti un intero settore rimarrà schiacciato”.

L’INDUSTRIA DELLA DIFESA ITALIANA NEL CONTESTO EUROPEO

La presentazione del convegno di venerdì 26 maggio

Con questo convegno Fim, Fiore e Uilm di La Spezia intendono fare il punto sul ruolo che avrà nostro Paese e la propria industria della difesa nel contesto di consolidamento delle Forze Armate in Europa. Non è un caso che questo tema venga dibattuto in questa città. A La Spezia operano stabilimenti delle più importanti realtà dell’industria della difesa, Leonardo, Fincantieri e MBDA, ed è sede dell’importante arsenale della Marina Militare. L’Europa del futuro prossimo vedrà necessariamente un consolidamento dell’industria della Difesa. Non e pensabile che ogni Paese abbia una propria industria autonoma ed in concorrenza con le altre. E quindi ipotizzabile che si verifichino processi di aggregazione per ottimizzare la produzione, abbattere i costi e competere in modo più efficace sui mercati extra comunitari. I processi di aggregazione dovranno prevedere il mantenimento della capacità produttiva in ogni singolo Stato dell’Unione, ma metteranno a fattor comune le tecnologie ed i mercati. Naturalmente nel processo di negoziazione europeo ogni Paese farà valere le proprie eccellenze, al fine di ottenere la leadership nel settore di riferimento. In questo contesto la Brexit ha cambiato il panorama delle aziende coinvolte, escludendo la BAE da questo processo. Nel settore dell’aeronautica il mercato è affollato di colossi industriali, in prevalenza statunitensi, r.firì í quali si trovano a competere, oltre all’inglese BAE, gli europei Airbus, Saab e Thales. In questr) settore Leonardo ricopre un ruolo marginale in termini di ricavi, ma conserva alcune nicchie di eccellenza, per es. nel campo degli addestratori. Per quanto riguarda invece il settore missilistico in Europa MBDA rappresenta un’eccellenza in grado di competere nel mercato globale. Quest’azienda nacque circa quindici vent’anni fa già in un’ottica di consolidamento europeo, essendo partecipata da Leonardo al 25% e da BAE (UK) e Airbus (Francia) entrambe al 37,5%. fondamentale il mantenimento di questo assetto societario e che venga abbandonata l’ipotesi paventata dal precedente A.D. di Leonardo, Moretti, di cessione della quota italiana, al solo scopo di far cassa; si perderebbe così la capacità italiana di presidiare un settore fondamentale e si diventerebbe dipendenti da fornitori extra-nazionali. Nei settori terrestre e marginalmente nel settore navale, i maggiori player europei sono Rheinmetall, KMW e Diehl in Germania, Nexter e Thales in Francia, la finlandese Patria, la svedese Nel campo degli armamenti terrestri si sono recentemente consorziate la francese Nexter con la tedesca KMW, creando un serio concorrente agli altri costruttori europei, incluso Leonardo Sistemi di Difesa (ex Oto Melara). Lo scenario che si sta delineando è quindi orientato ad aggregazioni tese ad aumentare la massa critica, la competitività e mettere a fattor comune gli ingenti investimenti che le nuove tecnologie richiedono È comunque fondamentale porre attenzione a due aspetti nei processi dì aggregazione: la strategicità di alcune produzioni, che devono comunque mantenere la capacità produttiva in territorio italiano e l’aspetto occupazionale e di proprietà tecnologica. per far sì che le aggregazioni non impoveriscano l’industria nazionale. L’industria europea è in evoluzione sui settori degli armamenti terrestri, sull’aereonautica, sulla missilistica, mentre nel settore navale è pro rio l’industria nazionale che ha fatto maggìorì passi avanti. È recentissima l’acquisizione da parte di Fincantieri della quota di STX dei cantieri francesi di Saint Nazaire, che oltre alla costruzione di navi da crociera si occupa anche di navi militari, assieme al cantiere DCNS, detentore di unaquota azionaria. Si delinea quindi, anche per una questione geografica e morfologica (l’Italia ha S.000 km di coste) una vocazione del nostro Paese nel settore navale. L’Italia è laporta dell’Europa sul Nle.diterraneo e su questo sta investendo risorse e mezzi. La nostra Marina Militare è impegnata, oltre che nella difesa dei propri confini marittimi, in operazioni di sicurezza (contrasto a traffici illeciti di stupefacenti/armi, protezione dei nostri pescherecci, sorveglianza dei siti archeologici sottomarini, ecc.), di protezione civile o aiuti umanitari, di pattugliamento, soccorso in mare e di controllo dei flussi migratori, servizio ami pirateria. Non a caso l’Italia ha recentemente stanziato i fondiper il rinnovo della flotta della Marina Militare con la c.d. legge navale, dotando la forza armata di nuove navi polivalenti in grado di adattarsi a tutti i nuovi compiti che vengono richiesti. In questo scenario la città di La Spezia svolge un ruolo fondamentale: a La Spezia esiste l’importante arsenale militare e nella città si sono sviluppate le industrie collegate al mondo della difesa navale. Fincantieri e Oto Melara (oggi Leonardo Sistemi di difesa) hanno qui la loro sede, assieme a sedi dì Leonardo (ex Selex settore Land and Naval) e MBDA.
Nel territorio si è sviluppato negli anni un indotto qualificato ed altamente specializzato sulle tecnologie di lavorazione richieste dal settore militare. Un indotto che recentemente soffre le stringenti regole sugli appalti di Finmeccanica (è richiesto il requisito di non fatturare più del 70% del totale con Finmeccanica), ma che invece, se colte opportunamente, possono rappresentare un’opportunità di crescita industriale e occupazionale. E’ necessario per questo una rivisitazione della cultura imprenditoriale locale, che deve rapportarsi con questi cambiamenti, in un contesto sempre più globalizzato. Come sindacato abbiamo da tempo individuato nell’eccessiva frammentazione e nella piccola dimensione delle imprese locali uno dei motivi di scarsa competitività; per il futuro occorre agevolare la crescita delle dimensioni delle imprese. II miglioramento dell’organizzazione lavorativa e il miglioramento delle condizioni salariali dei lavoratori sono obbiettivi che devono essere perseguiti con determinazione; essi determinano un valore aggiunto al territorio ed all’impresa stessa. Riteniamo ancora insufficiente, però, la capacità di cogliere appieno quest’opportunità di crescita: secondo noi resta ancora molto da fare.
Anche nel settore legato ai servizi (logistica, manutenzione ed altro), visto l’indirizzo delle aziende a concentrare le attività su di un unico fornitore, le imprese locali dovranno valutare la possibilità di integrazione in consorzi con caratteristiche nazionali e non più locali, per poter dare risposte adeguate in termini di qualità e costi. zio Sempre a La Spezia la Marina Militare ha i propri laboratori di ricerca ed il centro di integrane pirica a pochi chilometri nel comune di Aulla. Punto fondamentale di questo contesto è l’università della nostra città, che deve crescere d ulteriormente, anche attraverso l’istituzione di nuovi i corsi di laurea. Va inoltre incoraggiata la collaborazione tra l’Università e l’Industria, in particolare nel settore dell’ingegneria nautica e meccanica.
Con queste premesse Fim Fio m e Uilm ritengono che La Spezia rappresenti già oggi un vero e proprio Polo della Difesa che può diventare uno dei centri nevralgici della futura integrazione delle Forze Armate europee. Partendo dall’arsenale militare, il quale ha esaurita la sua originaria missione di difesa dei confini a ponente e ha così visto negli ultimi anni uno spostamento del baricentro operativo verso la base navale di Taranto. L’arsenale militare spezzino sipone così come sede naturale di un centro di allestimento, manutenzione e ricovero dei mezzi della Marina Militare, e, perché no, anche per conto terzi. Sempre in quest’ottica possiamo immaginare anche un centro di addestramento all’interno dell’Arsenale per personale di altre Forze armate. La vicinanza dei maggiori produttori di navi militari e sistemi d’arma rendono questo scenario imbattibile in termini di costi e di tempistiche. Si ha l’intera filiera nel raggio delle provincie di Spezia e di Genova, con la maggioranza dei fornitori sulla prima. Tutto questo, però non è sufficiente. È necessario che la classe politica prenda coscienza di questa realtà e non segua soluzioni alternative dettate esclusivamente da ragioni “di campanile”. Qui esiste già tutto: il cantiere integrato Riva-Muggiano, Leonardo, MBDA, Marina Militare. Altrove sono necessari pesanti investimenti e tempi biblici per ottenere un risultato comunque inferiore a quanto oggi è disponibile in questo territorio. Gli illustri ospiti di questo convegno, che hanno importanti funzioni di Governo sia nazionale che territoriale, devono promuovere questa realtà come tale. È necessario un piano di politica industriale che definisca il ruolo dell’industria della difesa nel nostro territorio all’interno del panorama nazionale ed europeo. Sono quindi necessari investimenti nel Polo spezzino.

In particolare: l’Università e la formazione in genere devono essere al centro di un progetto politico per la nostra città, che avvicini l’Industria con la scuola, favorendo collaborazioni, stages e work experience, includendo in questo contesto anche il Distretto delle Tecnologie Marine. Fincantieri deve investire a livello occupazionale nel cantiere di Muggiano, per far fronte al carico di lavoro che la legge di navale presenta per i prossimi dieci anni. Anche il fatto che la direzione navi militari sia a 100 km dal cantiere integrato non rappresenta un’organizzazione del lavoro ottimale ma ne aumenta i costi. L’Arsenale militare dovrebbe avviare una effettiva sinergia con l’industria della difesa mettendo a disposizione aree e bacini affiancando personale pubblico a personale dell’industria. Su Leonardo — Oto Melara, MBDA, Selex, Wass, è necessario porre particolare attenzione processi di aggregazione o cessione che il gruppo dirigente romano potrebbe mettere in atto. È necessario per il territorio, per il Paese e per l’Europa.

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