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Santo Stefano: la volpe ferita si acchiappa solo con un exploit

Il balcanizzato scenario politico santostefanese vede il Partito democratico ferito ma favorito in vista del voto del 5 giugno.

I cartelloni apparsi a Santo Stefano Magra

Che il Pd a Santo Stefano sia la volpe da inseguire, nonostante il trambusto pre e post primarie, è ancora una verità. “Ma di che volpe parliamo?”, ha sagacemente confidato a CDS qualche giorno fa, sincerandosi circa le condizioni del canide selvatico, il consigliere regionale della Lega Nord Stefania Pucciarelli, che la fascia tricolore santostefanese l’ha puntata nel 2011, raccogliendo un mezzo migliaio di voti utile appena a farla sedere in consiglio comunale. Ecco, come sta la volpe? Al di là delle ovvie sensazioni – l’animaletto ha la febbre e Pd e alleati non possono aspettarsi un plebiscito -, preme innanzitutto dare un’occhiata ai numeri del voto dem.

Nel 2006 Juri Mazzanti, attuale sindaco uscente, vinse con il 56.4% dei consensi, pari a 2.961 voti alla lista di centrosinistra (il Pd, nato nel 2008, ancora non c’era) che lo sosteneva. Nel 2011 si è confermato con il 65.3%, forte di 3.069 voti. Al successone di cinque anni fa Mazzanti arrivò tre anni dopo le elezioni politiche del 2008, quando il Pd, a Santo Stefano, era stato votato da 2.522 persone (250 avevano scelto l’Italia dei Valori, oggi spettrale, allora in coalizione coi dem). Nel 2008, in terra santostefanese, la coalizione dei progressisti aveva staccato di circa novecento voti quella di centrodestra (Forza Italia e Lega), che aveva raccolto 1.885 schede favorevoli.
Nel 2011 Mazzanti, come visto, è andato significativamente oltre il risultato ottenuto dal Pd (e anche della coalizione) nel 2008. Al boom ha contribuito senz’altro parte del voto della sinistra cosiddetta radicale (275 voti santostefanesi alle politiche 2008 per “L’arcobaleno”), arrivata a esprimere l’attuale assessore uscente (e candidato in vista del 5 giugno) Gennaro Giobbe, tuttavia mollatosi con la “sua” Rifondazione da qualche tempo, complice il legame con il Pd renziano, che parte della base Prc non tollera. Completa il quadro poi il fatto che, a livello comunale, un sindaco di centrosinistra riceve qualche voto anche da chi di centrosinistra non è (e viceversa).

Oggi, le cose sono cambiate. Il Pd (alleato con il Psi) ha meno numeri e non è certo che possa star sopra la soglia dei 2mila voti. Qualche ulteriore dato può aiutare a farsi un’idea. Alle politiche 2013 (affluenza 78%) la compagine democratica, a Santo Stefano, ha raccolto 1.942 voti. Alle europee 2014 (affluenza 61%), con un partito conquistato da Renzi (in una Val di Magra che gli ha sempre voluto bene), 2.303. Infine, in occasione delle regionali 2015 (affluenza 55.5%), il partito è crollato: 1.206 voti santostefanesi. Briciole, con fuoriuscite verso la sinistra di Pastorino (238) e probabilmente verso il Movimento cinque stelle (682). Con un centrodestra unito che ha di poco superato il migliaio di voti (come alle politiche 2013), lontano da quelle ipotetiche 1600 preferenze delle comunali 2011. Ipotetiche perché Lega e Forza Italia corsero separate, candidando rispettivamente la menzionata Pucciarelli e Francesco Ponzanelli, ora in lizza il 5 giugno a capo di una lista civica orgogliosamente priva del sostegno di partiti (Ponzanelli stesso ha mollato Forza Italia da un paio di anni).
E in casa Pd c’è da fare i conti con un altro numero: ovvero i 2251 votanti alle primarie Pd del 10 aprile. Una brigata che, questo è certo, non confermerà per intero il voto democratico, per molteplici ragioni: una parte dei “sistiani” non ha gradito l’accordo tra Paola Sisti e la parte della Messora, che vedrà concedere vice sindaco e un assessore alla corrente renziana (e chissà con quali consiglieri di maggioranza), e guarderà altrove (M5S o la sinistra alternativa di Galeotti); tra i 2251 partecipanti alle primarie, sicuramente ci sono stati votanti che non sceglieranno la Sisti il 5 giugno (alcuni perché più o meno attivamente impegnati con altre liste); non tutti i voti di sinistra legati all’assessore Giobbe resteranno dote per l’ex di Rifondazione (anzi, sentendo la federazione provinciale, la base volterà le spalle al ferroviere di Ponzano, il quale però ha dichiarato come parte del Prc volesse andare avanti nel solco di governo tracciato in questi anni).

Il fondo del barile paitiano, vale a dire i 1.206 voti Pd delle regionali 2015, sembra un pericolo scongiurabile. Ma una Sisti bersagliata – come accennato – da meno di 2mila voti pare una prospettiva, a questo punto, realistica. Si vince con 2mila voti? E’ possibile. Ma con 2mila voti – ricordando che siamo nel campo nostradamitico della profezia – si può anche perdere. Tutto dipende da cosa accadrà nel campo avverso. Servirebbe – prevedendo un’affluenza in linea con il passato: al massimo 5mila al voto, su 7.500 circa aventi diritto – un exploit di uno dei quattro competitor. Di questa schiera, per evidenti ragioni di colore politico, pare impossibilitata a prendere il Comune “Alternativa di sinistra per Santo Stefano”. Che però – è stato accennato – potrà giocare un ruolo chiave nell’erosione democratica, calamitando le attenzioni di chi ha votato Pd in passato e ora non aspetta altro che un’occasione per dare uno smacco all’evo renziano. Non rappresentato dalla Sisti in sé, ma probabilmente da abbondante parte della futura maggioranza. Senza contare la volontà di indebolire, anche a livello locale, quello che oggi è il Pd in generale. Un orizzonte per l’armata che unisce Rifondazione, Sinistra italiana, Sinistra dei valori e Pdci? Tra le 400 e le 500 preferenze.

All’opposto di Galeotti, c’è la lista del generale Emilio Ratti, “Insieme per voltare pagina”, sostenuta dal governo regionale. Di centrodestra, stando alle sigle. Ma di destra, nei fatti, perché nel campo conservatore, oggi, è la Lega a godere di ottima salute, mentre Forza Italia pare aver imboccato il viale del tramonto. La lista ha il suo grande punto di forza nel candidato, che ha il profilo di uno spendibilissimo galantuomo. Il pieno potrebbe farlo se l’annunciata visita di Giovanni Toti saprà scaldare i cuori. Ma Santo Stefano non è un posto di destra, e oltre un determinato punto non si può andare. Anche tenendo conto del fatto che una certa “antipatia” verso i partiti è diffusa e assodata. Forse il presidente della Regione potrebbe giocare per spostare dei voti da Ponzanelli a Ratti. Eh già, perché l’ex Forza Italia parla storicamente al centrodestra: c’è, quindi, terra comune. Ma il candidato di “Per Santo Stefano Magra” ha sterzato decisamente verso il civismo, coltivando certosinamente la distanza – nella sostanza e nell’immagine – dal sistema dei partiti, scelta senz’altro strategicamente azzeccata, visti i tempi. E chissà che il continuo riferimento di Ponzanelli all’onore delle armi riconosciutogli recentemente da Mazzanti (per il costante impegno consiliare) non sia da leggere anche come un tentativo di mostrarsi figura conciliante, amica almeno di una parte di elettorato Pd, quella porzione che proprio non digerirebbe una Sisti bardata di tricolore. Ultima considerazione sui numeri di Ponzanelli: nel 2011 ha preso poco meno di 1.100 voti, ed era targato Forza Italia, partito al momento debolmente pervenuto. Il migliaio, insomma, potrebbe restare incollato a Ponzanelli. Da verificare anche scelte strategiche come il coinvolgimento in lista del vice presidente dell’Arci santostefanese. Dietro le quinte, ma di rilievo, lo sponsor Andrea Costa.

Chi resta? Il vulcanico calderone a Cinque stelle, che candida Piero Serarcangeli. Più forte di Ponzanelli sul non-partitismo, scafato nella pratica della non-ideologia, pervasivo sui social network, attrattivo per i giovani e baciato dall’appeal del debutto sulla scena delle amministrative santostefanesi. Il Movimento paga, tuttavia, candidature timide, anche se il sovraesposto testimonial Francesco Battistini ha candidamente messo le mani avanti paragonando i suoi esordi a quelli dei più inesperti membri della squadra di Serarcangeli. Nonostante le credenziali per arrivare almeno secondi, i pentastellati a Santo Stefano dovranno migliorare il dato delle regionali 2015: 682 voti. Una spia che parla a favore dell’insidiosità dei grilli? Attenzioni come quelle di Mazzanti: “Sono i più cattivi”, ha detto.

In conclusione: se voteranno, come probabile, circa 4500 persone, alle quattro liste che sfidano la Sisti resterà un patrimonio di 2.500 voti. E torna, quindi, il discorso del necessario exploit: una sola lista dovrà prenderà quasi tutto il piatto (altrimenti vincerà il Pd, seppur con meno del 50%, fatto significativo). Se andrà alle urne qualche testa in più (toccando i 5mila votanti), magari a causa della “pompa” grillina, allora i giochi saranno ancora più aperti. Ma, seppur ferita, la volpe è sempre la stessa.