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Economia

"Abbiamo i nostri cervelli ma non sappiamo dialogare"

Andrea Corradino intervistato da CittadellaSpezia sui temi della città: "La classe dirigente c'è. Felice per un futuro senza centrale, sogno una città smart. Bene le leggi del Ministro Orlando sugli avvocati. Lo stadio? L'entusiasmo può fare tanto".

Avv. CORRADINO

Trent’anni con la toga da avvocato, quindici da presidente della banca della città e otto da vice-presidente dello Spezia Calcio. Andrea Corradino sulla città che cambia, sulla classe dirigente, sulle riforme alla giustizia, ma anche su imprenditoria, politica, calcio, intervistato da CittadellaSpezia nell’ultimo giorno del 2015. Per raccordare passato e futuro, con uno sguardo d’insieme su un territorio conosciuto nei suoi gangli più importanti e radicati. Ma che ancora ha bisogno dello scatto decisivo, per cambiare definitivamente pelle e trasformarsi in quel qualcosa che, forse, andiamo cercando da sempre. Quell’identità mai veramente sbocciata e fagocitata, almeno in parte, dal capitolo bellico della Seconda Guerra Mondiale che non ha certo “aiutato” alla presentabilità storica della città.

Andrea Corradino, avvocato, presidente di Carispezia, vicepresidente dello Spezia Calcio, cosa si porta personalmente e professionalmente nel 2016 che stiamo per raggiungere?
“Personalmente, come ciascuno di noi si augura, spero in un prossimo anno sereno e felice per la mia famiglia e la nostra comunità. Mi porto anche dietro le belle pagine di sport spezzino del 2015: la mia commozione all’Olimpico dopo il rigore di Acampora e la gioia per la vittoria del campionato di serie B e per le vittorie in A2 da parte delle ragazze della Cestistica Carispezia. Professionalmente la mia vita intensa da avvocato (sono passati ormai 30 anni dal mio primo processo) e la soddisfazione per gli eccellenti risultati di Carispezia nel 2015.

Da anni protagonista di questo territorio, lo trova cambiato, peggiorato, migliorato rispetto a 15 anni fa? Quali prospettive può avere questa città, cosa dovrebbe fare per renderle concrete e cosa dovrebbe abbandonare delle sua tante comode abitudini?
“Sicuramente cambiato in meglio. La città e’ più bella e vivace. La pedonalizzazione del centro storico, la costruzione del Porto Mirabello e del bellissimo ponte hanno certamente cambiato il volto alla città. Come dice il mio amico Dario Vergassola la sera non ci sono più soltanto le luci dei bancomat (magari di Carispezia….) accese. Ma anche dal punto di vista imprenditoriale la città ha saputo reagire alla crisi profonda degli anni ’90. La consacrazione del porto come realtà di eccellenza nel Mediterraneo la “rinascita” di Termomeccanica, la creazione di un vero e proprio polo della nautica da diporto con Porto Lotti, Mirabello, Marina del Fezzano e la presenza dei cantieri dei più importanti marchi (Ferretti , Baglietto, Perini, Sanlorenzo etc..) e da ultimo il turismo che in questi ultimi anni grazie alle crociere, ma soprattutto alla conoscenza “mondiale” delle Cinque Terre, sono alcuni dei “cambiamenti” più significativi dal punto di vista economico. Ad essi mi permetto di aggiungere il consolidamento e l’espansione di Carispezia che in quindici anni e’ diventata una banca regionale e ha visto quintuplicare le masse e gli utili. Quanto alle prospettive io credo che la presenza di realtà importanti come Fincantieri, Oto Melara, Termomeccanica del porto con LSCT che rappresenta il terminal più efficiente del Mediterraneo assicuri alla città un futuro importante. Ad esse va aggiunto il ruolo fondamentale che la Marina può avere anche in virtù della “apertura” ai privati e alla città di un’area dalle potenzialità incredibili quale è l’Arsenale. E poi sicuramente il turismo rappresenta la grande ricchezza da sfruttare in prospettiva. E in questo senso il territorio deve certamente crescere nella cultura dell’accoglienza sia come mentalità che come servizi offerti. Troppo spesso la bellezza incomparabile dei nostri luoghi ci ha resi pigri e poco disponibili”.

La banca che da diverso tempo rappresenta da posizione apicale ha svoltato tre anni fa, entrando nel prestigioso gruppo Credit Agricole. In un momento di grande cambiamento per il sistema bancario, si può essere soddisfatti del progetto d’espansione in tutta la Liguria o le resistenze tradizionali si fanno sentire?
“Credo che la scelta di entrare nel gruppo Cariparma Credit Agricole sia stata lungimirante e veramente azzeccata e di questo bisogna dare atto al Presidente Melley ed alla Fondazione. Siamo parte integrante del gruppo bancario italiano più solido in assoluto come testimoniato dalla classifica stilata nelle scorse settimane da Banca e Finanza. L’unico gruppo con il Rating A facente parte di un gruppo internazionale di assoluta eccellenza quale Credit Agricole che proprio recentemente in occasione della prospettata riforma del credito cooperativo in Italia e’ stato citato da tutti, compreso il presidente del Consiglio Renzi, come esempio da seguire. Un gruppo che in Italia e’ guidato da quello che io ritengo il miglior banchiere italiano, Giampiero Maioli. Grazie a questo, alla guida sicura dei direttori Roberto Ghisellini e Carlo Piana ed al lavoro quotidiano di tutti i dipendenti, Carispezia e’ diventata una solida banca regionale con oltre 90 filiali in cinque province (siamo presenti da Massa a Ventimiglia ) e con risultati in termini di efficienza di utili mai riscontrati in passato; il tutto in un momento non certo brillante per l’intero settore bancario. Certo questo non significa che ci si possa sedere sugli allori”.

Genova e la Liguria sono un po’ più vicine?
“La “sfida ligure” e’ un obiettivo importante e impegnativo soprattutto a Genova che rappresenta per noi un mercato fondamentale per lo sviluppo del progetto e che credo abbia bisogno di players bancari solidi e attenti al territorio.
Gli ottimi risultati di questi anni e soprattutto gli obiettivi raggiunti dalle filiali che abbiamo aperto di recente a Sestri Levante Recco, Nervi, Albenga e Oneglia sono indicatori importanti di una banca capace di affrontare e vincere la partita del “Progetto Liguria””.

Che pensa del caso di Banca Etruria e delle polemiche annesse?
“Premetto che non mi piace giudicare senza conoscere a fondo le situazioni. Credo però che la crisi delle cinque banche (Etruria, Cassa di Ferrara, Tercas, Banca Marche e Cassa di Risparmio di Chieti) e delle altre che hanno avuto difficoltà sia sicuramente riconducibile alla crisi economica generale che ha portato all’aumento esponenziale dei crediti in sofferenza ma anche a comportamenti imprudenti se non addirittura illeciti da parte di chi quelle banche dirigeva. Questo deve essere assolutamente chiaro. Le banche non sono tutte uguali e nemmeno i banchieri. Ci tengo particolarmente a sottolineare questo aspetto perché il rischio che si corre nel paese e’ che la gente perda la fiducia nel sistema bancario. L’Italia vive di risparmio ed è giusto che gli italiani sappiano e possano distinguere tra banche e banche tra banchieri e banchieri. Da gennaio le regole europee del bail in entreranno in vigore in Italia e sarà ancora più importante scegliere bene la propria banca. A volte meglio qualche punto in meno di interesse ma la certezza della solidità della banca a cui si affidano i risparmi. Comunque credo che quello che è accaduto debba rappresentare un monito per tutti. Per i risparmiatori che debbono scegliere con attenzione la banca, per le comunità locali che spesso hanno male interpretato o preteso di interpretare il ruolo di banca del territorio, per le banche e i banchieri che ancor di più in un sistema “senza rete” come quello che entrerà in vigore da gennaio devono avvertire il dovere “etico” di tutelare un bene fondamentale per il paese come il risparmio”.

La manovra del Governo ha destato non poche proteste da parte dei risparmiatori.
“Gli interventi del governo credo che siano stati necessari per impedire che le banche in questione “saltassero” con un danno irreparabile per i clienti ma anche per l’intero sistema, anche se può sembrare un po’ singolare che tutte le banche (a Carispezia costerà 1,2 milioni) siano chiamate a risanare banche concorrenti in crisi per la mala gestio dei loro manager…

Torniamo a casa nostra, alla Spezia sono sbarcate le crociere che non sono più una novità ma una strada ormai collaudata. Il turismo integrato, la capacità cioè di aprire a nuovo business (e posti di lavoro) attraverso servizi dedicati, stenta a crescere. Colpa di una mentalità conservatrice o mancanza di idee in quella famosa classe dirigente che latita nel suo ruolo di guida?
“Puntare sul turismo vuol dire cambiare mentalità da parte di tutti: classe dirigente, cittadini, commercianti, operatori turistici. Per fare turismo ci vuole una offerta completa con alberghi che sappiano rispondere a tutte le esigenze. Nel nostro territorio si sta sviluppando molto l’agriturismo e questo e’ un fenomeno positivo perché contribuisce anche alla conservazione del territorio. In città si moltiplicano i bed and breakfast e gli affittacamere ed è sempre più evidente il ruolo di Spezia come “base logistica” delle Cinque Terre. Ma in città e in provincia non esiste una offerta adeguata di alberghi di lusso. Non esistono servizi di alta qualità, oppure sono rari, per poter usufruire di un mare dall’accesso spesso difficile. Troppo spesso si pensa al turista come ad un “fastidio necessario” e non come ad una ricchezza. In certi contesti bisogna puntare ad un turismo di qualità piuttosto che al numero, senza pregiudizi ideologici. Ma per attirare il turismo di qualità bisogna offrire qualità. Negli alberghi, nei ristoranti, nei locali, negli stabilimenti balneari, nei trasporti, nei servizi. Anche le crociere stanno portando migliaia di turisti in città ogni settimana. È’ stata una scommessa vincente lanciata anni fa da Giorgia Bucchioni (diamo il merito a chi lo ha) e completata e sviluppata in modo importante dall’azione del Presidente Forcieri. È una forma di turismo particolare e la città deve adeguarsi. Negli orari degli esercizi pubblici e dei negozi nella offerta di escursioni ai tour operator nella organizzazione di eventi etc. Per fare turismo non basta avere i posti magnifici bisogna anche avere la disponibilità di mettersi al servizio del turista… anche se non diventeremo mai romagnoli…”

Si è detto ultimamente che questa città vada avanti da anni, forse da sempre, senza una vera classe dirigente che si riverbera sulla pochezza della politica, dell’imprenditoria, della finanza stessa. La storia dice che, per suo destino, è stata una città senza borghesia. Lei che ne pensa: un quadro ingeneroso o è bene dare un nome alle questioni storiche che non trovano risposta?
“Lo trovo un quadro un po’ ingeneroso. Certo il territorio sconta il retaggio storico di avere sempre avuto lo Stato come imprenditore principale e questo ha sicuramente limitato la crescita di una certa intraprendenza imprenditoriale è di una solida borghesia illuminata in una città di tradizione prevalentemente operaia. Però a Spezia ci sono manager e imprenditori capaci e la città e’ sempre stata “esportatrice” di eccellenze assolute in tutti i campi. Penso per esempio ad Andrea Enria Presidente dell’Autorita Bancaria Europea (EBA) per rimanere in tema di banche, e ai moltissimi manager professionisti imprenditori ed anche artisti spezzini che hanno raggiunto risultati eccellenti in Italia e nel mondo. Il che significa che questo e’ un territorio che produce “cervelli”. E anche in politica non sarei così pessimista . Abbiamo uno spezzino, Andrea Orlando, Ministro di Grazia e Giustizia e non era mai successo nella storia d’Italia. Raffaella Paita e’ stata la prima spezzina candidata alla presidenza della Regione Liguria, abbiamo un parlamentare europeo come Brando Benifei. Non mi pare che la città non esprima classe dirigente. Forse quello che manca a volte e’ la disponibilità a riconoscere le capacità altrui (in questo siamo un po’ tirchi) e l’abilità di dialogo tra le varie realtà istituzionali ed economiche del territorio”.

Facciamo un gioco sapendo che di gioco si tratta e che lei non ha intenzione di candidarsi. Se lei fosse sindaco che futuro si immaginerebbe per la sua città?
“E’ veramente solo un gioco. Intanto un futuro senza la centrale dell’Enel. Non me ne vogliano le persone che vi lavorano ma credo che non sia possibile immaginare di mantenere una centrale di quel tipo nel mezzo di una città. Da questo punto di vista credo che si sia perso anche troppo tempo. Ritengo che questa debba essere la priorità. E per il futuro dell’area sarà bene non ripetere gli errori di “strategia urbanistica” e di controllo delle bonifiche compiuti in passato per l’area Ip. Poi una città moderna capace di sviluppare veramente le sinergie positive già in parte iniziate con la Marina Militare (Falcomatà, Montagna, Arsenale) di attrarre investimenti nel settore turistico ma anche di valorizzare quanto esiste già (vedi Museo Navale e Museo Lia) anche attraverso una collaborazione più proficua con la Fondazione che è una importantissima risorsa del territorio che non può essere solo considerata come un “ente pagatore” ma come un soggetto da coinvolgere nelle scelte (d’altra parte il successo del festival della mente a Sarzana ne dimostra la capacità di essere istituzione portatrice di idee vincenti). Poi credo che si debba intervenire per riavvicinare la città al mare rendendo più praticabili sicuri e illuminati i giardini pubblici che oggi rappresentano una sorta di selva oscura che divide la città dal mare… è poi la sfida della città tecnologica della città del futuro dove tutto si possa veramente fare con uno smartphone come avviene ormai in molte parti del mondo. Tutto questo affidandosi ai cervelli veri che questa città sa esprimere e che troppo spesso non sono stati coinvolti nei progetti di sviluppo”.

Andrea Orlando, ministro di giustizia, sta varando una serie di leggi significative che cambieranno i connotati del comparto. Da avvocato cosa pensa della riforma avviata dal guardasigilli anche per chi intraprende adesso la lunga strada verso la professione?
“Credo che la strada intrapresa dal Ministro sia quella giusta le misure in tema di irrilevanza e messa alla prova nonché il disegno di legge delega approvato dalla Camera e all’esame del Senato hanno l’obiettivo di cercare di decongestionare il sistema, abbreviare i tempi del processo razionalizzandolo mantenendo però intatta la struttura delle garanzie difensive. Oggi il sistema rischia il collasso: troppi reati, troppi processi, troppi ricorsi, tempi troppo lunghi ma tutto questo non si risolve riducendo le garanzie o tagliando indiscriminatamente i gradi di giudizio. Il sistema va reso fluido attraverso i filtri processuali che oggi nonostante la previsione normativa non funzionano (udienza preliminare) attraverso modifiche ai riti alternativi che li rendano veramente “appetibili”, depenalizzando alcune materie e pensando seriamente ad affrontare il “tabù'” della obbligatorietà dell’azione penale. Certo anche la riforma delle impugnazioni si rende necessaria senza pregiudizi, ben consapevoli noi avvocati che troppo spesso molti appelli o ricorsi hanno un significato prevalentemente dilatorio ma anche convinti che si debba rivedere nuovamente il tema delle impugnazioni del pubblico ministero nei confronti delle sentenze di assoluzione. Per quel che riguarda l’avvocatura credo che sia indispensabile portare fino in fondo il tema della specializzazione anche per dare veramente un futuro possibile a chi intraprende oggi questa difficile strada resa davvero impervia dal numero spropositato di avvocati in Italia. La specializzazione dove essere imposta con esami specifici per poter difendere in ambito civile o penale o amministrativo. Credo che l’avvocato “tuttologo” non possa e non debba più esistere. Ne va della nostra professionalità e della qualità del l’assistenza che si presta al cliente”.

Lo Spezia Calcio, una delle sue passioni nel poco tempo libero a disposizione. Si può essere delusi per un obiettivo, quello della massima serie, soltanto accarezzato? Lei che è con Volpi dall’inizio, pensa che il patron creda ancora all’obiettivo sognato per oltre cent’anni?
“Proprio perché da diversi anni sono vicepresidente nello Spezia del Presidente Volpi credo che si debba guardare i risultati nel loro complesso e in questo senso la delusione di una serie A accarezzata lascia sicuramente il passo alla soddisfazione di vedere forse per la prima volta nella sua storia una società Spezia solidissima economicamente, strutturata, con impianti degni di una squadra di categoria superiore con un settore giovanile capace di produrre risultati e talenti e con una prima squadra che da quattro anni fa vivere alla città l’esperienza della B di alto livello, cosa impensabile solo alcuni anni fa. A questo si aggiungano le grandi emozioni delle sfide play-off le emozioni di San Siro e soprattutto dell’Olimpico e il ritrovato feeling con la città. E poi conoscendo Gabriele Volpi il sogno accarezzato è solo rimandato…”

Si è parlato di stadio ogni qual volta lo Spezia volava. Proviamo ad essere sinceri: quante possibilità ci sono di vedere il Picco rinnovato e pronto per festeggiare i cent’anni nel modo migliore?

“Credo che si debba essere chiari per non creare equivoci o aspettative sbagliate. Lo Spezia (cioè Gabriele Volpi) ha fatto investimenti importanti nel Ferdeghini e anche a Follo. Il Picco e’ del Comune anche se esiste una convenzione con lo Spezia per l’utilizzo per ancora 12 anni, richiedere alla società oggi di investire milioni di euro nel Picco per renderlo uno stadio moderno mi pare improprio. D’altra parte il Comune ha risorse limitate anche se le intenzioni, anche recentemente ribadite dall’assessore Mori, mi sembrano quelle di migliorare lo stadio. Per la serie B sinceramente con le migliorie previste dal Comune nel piano lavori presentato credo che lo stadio vada bene così. Certo se si dovesse andare in serie A il tema si porrebbe, anche se le norme della lega danno tempo tre anni alle società per adeguare le strutture. In quel caso si potrebbe ragionare di progetti finanziari che consentano investimenti con un ritorno nel tempo. O per ampliare e ammodernare il Picco o per un nuovo stadio, ammesso che si individui un ‘area adatta, fermo restando che qualsiasi soluzione non potrà gravare sulle spalle di Gabriele Volpi che mi pare abbia già investito abbastanza negli impianti sportivi. Ma prima pensiamo ad andare in serie A e chissà un sogno realizzato può creare l’entusiasmo e le condizioni giuste per realizzarne un altro”.

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