LA REDAZIONE
Scrivici
PUBBLICITÀ
Richiedi contatto

I gioielli della Mazzini

La Commedia con l’esposizione del Vellutello

Prosegue il tour virtuale fra gli scaffali della biblioteca "Mazzini" che apre i cassetti più ameni e presenta le proprie rarità.

La Commedia con l’esposizione del Vellutello

Tra gli esemplari più preziosi ed interessanti del Fondo cinquecentine della Biblioteca U. Mazzini si annovera l’edizione della Commedia con il commento del Vellutello, edita in Venezia nel 1544 per Francesco Marcolini, tipografo forlivese attivo sino alla metà del Cinquecento. Dalla sua officina uscirono opere di autori del calibro di Pietro Aretino, Pietro Bembo, Anton Francesco Doni, Paolo Giovio e Luigi Tansillo, il poeta tanto apprezzato da Giordano Bruno.
Si tratta di un esemplare in quarto, di 442 carte non numerate, corredate da diverse illustrazioni (xilografie) intervallate al testo, tratte da rappresentazioni molto curate e dettagliate che seguono la narrazione del viaggio dantesco. Opera probabilmente dell’incisore tedesco Giovanni Britto, già collaboratore del Marcolini, queste tavole sono considerate dagli esperti come una delle rese più felici e significative dopo quelle del Botticelli (incise da Baccio Baldini nella versione del Landino del 1481 e 1491), all’interno del panorama iconografico rinascimentale riguardante le edizioni della Commedia. Pur essendo riferite agli episodi del testo, esse sono nel contempo strettamente collegate al commento del Vellutello, a differenza di ciò che accadeva con le edizioni quattrocentesche dell’Alighieri. Il loro disegno presenta uno sviluppo circolare e una rappresentazione che potremmo definire aerea. Secondo il Doni fu Vellutello stesso, con grande impegno, a occuparsi direttamente dell’invenzione e degli aspetti meramente economici delle incisioni: “il quale [V.] molto s’è affaticato con l’intelletto et con la spesa del tempo et de denari per fare intagliare tutti i disegni, che vanno nella Comedia di Dante” (A. F. Doni, “La Libraria”, Vinegia: appresso Gabriel Giolito de Ferrari, 1550). Alle immagini Vellutello affianca la sua “nova” esposizione, il cui successo, all’interno della storia delle prime edizioni a stampa della Commedia fu però inferiore a quello precedente del Landino (Venezia, 1481).
Nato a Lucca nel 1473, Alessandro Vellutello risulta attivo a Venezia già dal 1516, città dove si stabilì definitivamente nel 1525. Tra le edizioni critiche da lui curate quella che ebbe maggior fortuna fu l’esposizione sopra le opere volgari del Petrarca (Canzoniere e Trionfi), che conobbe diverse ristampe, arricchite da una nota piuttosto ampia sulla vita di madonna Laura e del poeta stesso e da una mappa di Valchiusa. Nel 1534 uscì a sua cura e spese, l’edizione revisionata ed emendata delle opere di Virgilio (Bucoliche, Georgiche, Eneide) con il commento del Servio, per il tipografo Nicolini da Sabbio.
Nell’esposizione di Dante, aumentata in questa edizione da uno scritto sulla vita e costumi del poeta, Vellutello entra in aperta polemica con i suoi predecessori, in particolare col Bembo, che accusa, nell’introduzione dell’opera, di aver sottoposto a Manuzio testi “incorrettissimi” e “guasti” per la celebre edizione delle Terze rime pubblicata a Venezia nel 1502. Medesima critica aveva rivolto all’aldina del Petrarca (Rerum vulgarium fragmenta) del 1501, sempre a cura del Bembo.
A questa volontà di correzione si accompagnava l’intento di illustrare, con dichiarata umiltà, il significato del testo, senza addentrarsi in complesse discussioni sullo stile o sul contenuto filosofico e dottrinale del poema né criticare la veridicità delle notizie storiche e geografiche in esso contenute, pur utilizzando quale riscontro testi autorevoli come il Villani ed il Giustiniani.
Il suo commento, dichiaratamente avulso da disquisizioni linguistiche, si opponeva così a quello del Landino, allora dominante, di cui evitava le ampie digressioni nell’ottica di subordinare totalmente l’esposizione al testo poetico, facendola risultare più letterale e lontana da eccessivi allegorismi.
Nel complesso, la lezione del Vellutello proponeva una nuova versione della Commedia, riscontrata sulla base di esemplari a sua detta migliori e cioè tratti da “diversi e antichi testi, quelli che di tutti gli altri meno si conoscano esser vitiati” facendosi così forte di una sorta di metodo filologico che prevedeva una specie di collazione dei testimoni per ricostruire l’edizione originale, come dichiarato nella parte introduttiva: “benché tutti [gli antichi testi della Commedia] come dico siano incorrettissimi, pur ho trovato che in tanto numero quello che non dice l’uno dice l’altro, e dove ho veduto mancar la sententia ho compreso esser alterata e fuori del proposito, ruminando diligentemente in quelli, ne sono venuto, secondo il fermo creder mio, su la verità”.
Il suo metodo di indagine era in certa misura approfondito, laddove prevedeva il controllo diretto delle fonti, anche per il commento: come era accaduto per l’edizione del Petrarca, quando Vellutello si era recato a Valchiusa per indagare sulla vita di Laura, tramite la raccolta di testimonianze tratte da suoi diretti discendenti, così fece per la Commedia, occasione in cui ricavò notizie da un erede diretto del poeta, certo messer Pietro, che era in possesso di diverse scritture dei suoi antenati.
La sua versione venne in seguito ristampata sia in Francia che in Italia, dove uscì, tre volte (1564, 1578,1596) assieme, ironia della sorte, a quella del Landino, su diretta iniziativa di Francesco Sansovino (http://www.cittadellaspezia.com/I-gioielli-della-Mazzini/La-fortuna-di-Sansovino-180519.aspx).
L’esemplare della Mazzini è stato restaurato nel 1987 a cura della Regione Liguria; in questa occasione, dopo una pulitura e smacchiatura generale, sono state riparate le carte danneggiate da umidità e muffe, mediante l’integrazione di carta e velo giapponese a coprire lacune e risarcire gli strappi. La legatura è stata integralmente rifatta in pergamena semifloscia, con nervature infilate di pelle allumata e nuove carte di guardia a protezione.