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Enrico e gli spiriti della grotta di Rebocco

Un gruppetto di giovani avventurieri andavano a scacciare gli spiriti nella grotta di Via Proffiano. Questa è la loro storia.

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Le lucciole illuminavano l’oscurità e dei piccoli avventurieri avanzavano per cacciare gli spiriti che volevano portare via La Madonna della grotta di Rebocco.
A salvaguardare l’integrità di quell’angolo diventato sacro, scoperto nel 1912 a seguito dello scoppio di una granata, c’era un gruppo di giovanissimi convinti che la notte i fruscii e i verseggi che facevano eco nella caverna fossero degli spiriti maligni da scacciare.
Tra i coraggiosi avventurieri c’era Enrico, un prode studente di soli undici anni, che con la sua banda andava a caccia di pericoli. La Seconda guerra mondiale era finita da poco e se molte famiglie vivevano in estrema povertà, i piccoli cercavano di ingannare il tempo sognando di diventare protagonisti di fantastiche avventure come raccontavano già Salgari e Verne.
Non potendo andare a scacciare i pirati, all’imbrunire, si ritrovavano tutti dopo cena con la loro divisa d’ordinanza: c’era chi si presentava con il cappello che gli aveva regalato un muratore, chi invece era armato della stecca del cerchio che poco priva aveva fatto girare in piazza e i più audaci avevano una bella spada rimediata dal legno trovato nel bosco e qualche sasso che si sarebbe rivelato utilissimo per scacciare ogni pericoloso nemico.
Con il coraggio di un leone, o quasi, erano tutti pronti per partire all’avventura e cacciare quegli spiritelli che volevano portare via la madonnina che ogni giorno era una tappa fissa per tanti credenti, la cui importanza l’aveva fatta diventare meta di numerose gite scolastiche.
Se le armi erano pronte mancava un sistema di illuminazione adeguato. Allora i prodi avventurieri accendevano delle piccole troce di carta per illuminare il loro passaggio.
Pronti per la missione si avventuravano per Via Proffiano, passando tra le frasche e le lucciole che accompagnavano i loro passi. Per non farsi sentire dalle entità maligne Enrico e i suoi amici parlavano a bassa voce e per essere sicuri di non incappare in qualche imprevisto lanciavano un sasso.
Se la via era libera, la spedizione proseguiva e più i bambini si avvicinavano all’entrata della grotta più i richiami degli spiriti si facevano inquietanti. Il vento soffiava e dei versi strani simili a quelli di un gufo riecheggiavano nell’aria.
Per quanto questi giovani eroi fossero animati dallo spirito dell’avventura bastava un verso di troppo per farli scappare a gambe levate. Se non era la paura a farli sgattaiolare via era il fischio del papà a farli rientrare dopo l’estenuante esplorazione.
Con il proseguire dell’estate molti ragazzi partivano per le colonie, Enrico e i suoi amici erano costretti a salutarsi. Al termine di quella fantastica avventura, il loro arrivederci era accompagnato da un patto: rivedersi alla fine della pausa con l’obbligo di ripartire per una nuova ed appassionante impresa.
Dopo tanti anni, gli spiriti si sono rivelati dei gufi e gli altri animali che abitavano la boscaglia dei dintorni.
Se la realtà ha preso posto alla fantasia, la storia di Enrico e dei suoi fa un po’ invidia al pensiero che una volta bastava leggere qualche riga di un libro e chiudere gli occhi per vivere una fantastica avventura, nel cuore di Rebocco.

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