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Il sabato del Miraggio

Confini senza confine

di Salvatore Di Cicco

Confini

Parlare di Europa, in questi giorni, non è solo necessario per le dispute elettorali (che pure aiutano a far emergere i problemi più veri e più profondi della nostra patria comune) ma è utile per ricordare e rafforzare l’idea che sta alla base della Comunità: quella, cioè, dell’unione fra popoli che per secoli non avevano fatto altro che lottare per un predominio senza futuro.
Oggi, finalmente, ci sentiamo invece parte di una “famiglia allargata” che ci fa sentire meno soli e nello stesso tempo ci permette di valorizzare il nostro patrimonio culturale, artistico e produttivo in tutto il vecchio continente e, al di là dell’oceano, nel nuovo mondo.
La consapevolezza di poter guardare e agire nell’ambito di un orizzonte molto più ampio ci rende per un verso più sicuri e per l’altro ci permette di guardare con più ottimismo alnostro futuro.
Tutto questo, però, non è il risultato di una “scoperta” recente ma la conseguenza di un percorso (mentale prima che politico ed economico).
La storia degli Stati che formano l’Europa è punteggiata di invidie e ambizioni di grandezza, cupidigie di ogni tipo. Da sempre dirimpettai lungo confini naturali e artificiali, i singoli paesi hanno agito, di volta in volta, come suggeriva l’utilità del momento. Alla fine è arrivato il momento del buon senso, quello che al di là degli interessi immediati fa capire che un buon vicinato conviene a tutti. Non solo. È bastato che qualcuno lanciasse l’idea della Comunità per capire, anche, che gli interessi potevano intrecciarsi e portare benessere a tutti.
Non è stato un percorso breve e non sarà facile andare avanti lungo la strada indicata dai promotori di questa specie di scommessa con la Storia. Resistenze e avversari cercano di impedire un cammino che ai più sembra irrinunciabile.
Ebbene, cosa fa di questa “scommessa” un ragionevole impegno per tutti? Tra i tanti motivi c’è sicuramente quello dei confini che, pur ancora indicati sulla carta geografica hanno perso quel senso di oppressione e di distacco tra i popoli. Sapere che ormai c’è un filo invisibile che lega questi popoli e ne guida gli obiettivi comuni vuol dire aver messo da parte gli atavici egoismi e riconoscere negli altri persone come noi, con pregi e difetti che ne fanno non più mostri o gente da poco ma, appunto, uomini con le caratteristiche di ciascuno di noi.
Questo non vuol dire che siamo diventati tutti bravi e tutti buoni, anzi. La stupidità umana ha ancora modo di farsi notare a qualsiasi latitudine ma è anche vero che ogni eccesso può essere combattuto sempre alla luce di quel buon senso indispensabile alla convivenza civile.
Questa appare forse la conquista più alta ed importante. Non basteranno certo piccoli sussulti e piccole resistenze a fermare un processo che ormai coinvolge non solo i pionieri di un tempo ma anche impensabili paesi come quelli dell’Est. Il richiamo è sempre più forte perché sempre più forte è la voglia di convivere in pace e libertà.