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Il viagra fotografico

La settimana scorsa ho passato due giorni tra i monti dell’Appennino, ospite del parco Nazionale. Se durante i corsi che mi capita di tenere non cercassi di trasmettere lo sforzo di scattare meno possibile, ma farlo “con la testa”, non ci sarebbe molto da dire. Il fatto è che ( ebbene sì, me ne vergogno!) sono tornato con 619 foto: si lavora in digitale, non si paga nulla, non sarebbe un gran problema.

Però: ad una veloce scorsa dei file con Lightroom ( software benedetto per il tempo che restituisce al fotografo digitale facilitando enormemente il flusso di lavoro) seleziono un centinaio di scatti “utili”. Per il professionista vuol dire materiale che pensa di poter presentare al cliente, utilizzare per la vendita o future pubblicazioni. Ma di quelle che proprio mi piacciono, che forse utilizzerò per un lavoro tutto mio o una mostra, ne trovo tre, cinque se sono di buon umore.

Avessi usato la pellicola ci sarebbero voluti quasi venti rulli e un bel po’ di soldi.
Probabile che avrei ragionato di più e ne avrei usati quattro o cinque. Forse con risultati simili dal punto di vista qualitativo.
O forse no: rallentando tutto, pensando di più, avrei potuto ottenere qualcosa di più efficace?

Perché non è vero che “scatta, scatta” qualcosa di buono esce fuori. Di “buono” davvero!

Senza contare che non avrei passato ore al computer per scaricare,archiviare, sistemare e ritoccare. Il mio archivio è sicuramente più ordinato e fruibile da quando esiste il digitale. Nuovo potenzialità sono nate, ma pare che manchi qualcosa. Sarò nostalgico?

Mi manca il ritmo tra le foto comuni e quelle significative, tutto rischia di annegare nelle tonnellate di immagini a basso costo e bassa qualità che mi sommergono.
A volte sento di contribuire colpevolmente!

Neppure l’autore stesso “guarda” le sue foto: catapulta tutto su un hard disk, scorre velocemente durante le operazioni e seleziona le foto da “una stella”. Un altro sguardo e stringe la selezione a due stelle, poi magari ne ottimizza qualcuna da “tre” ( se c’è un po’ di coscienza non si arriva mai al “cinque”, il massimo voto dei software di archiviazione). Fine, vanno in rete, qualche commento e nessuno le ripescherà mai. E guai a parlare di stampe.

Ogni giorno pare che su Facebook atterrino 340 milioni di foto via Instagram ( si parla “solo” di quelle via Instagram!), oppure 4,5 milioni su Flikr e così via.
Potrebbe non essere un problema? E’ l’anestesia della nostra capacità di percezione.
Risultato: per ottenere attenzione dal frequentatore medio della rete, obbligato a capacità stratosferiche di visione ultrarapida per star dietro a quello che combinano siti e amici seguiti, le immagini necessitano di caratteristiche eclatanti, situazioni strepitose,condizioni incredibili, botte di fortuna uniche al mondo….la cosa capita molto, molto di rado.

E allora giù a manetta con Lightroom e Photoshop, se non basta via con i plug-in.

E’ il viagra fotografico: bisogna fare bella figura, in mancanza di idee sotto col trucco e parrucco.

Ma perché fotografiamo?