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Dal Rio Bravo alla Patagonia

Ancora Chávez

di Orsetta Bellani

Hugo Chávez

Domenica scorsa con il 54% delle preferenze Hugo Chávez è stato rieletto presidente del Venezuela, superando di circa 10 punti il suo avversario Henrique Capriles. Alla consultazione ha partecipato l’80% dell’elettorato, cifra che dimostra la fiducia della popolazione venezuelana nei confronti della politica, cosa che nel nostro paese manca da tempo.

Durante i festeggiamenti, il presidente socialista ha parlato di “Vittoria del popolo. Viva la patria, viva l’allegria, viva il socialismo, hasta la victoria siempre”. Osannato da alcuni e odiato da altri, Hugo Chávez – che è stato sottoposto al giudizio dell’elettorato tredici volte e ha sempre vinto – è senza dubbio una figura cardine nella storia recente dell’America Latina. Da quando nel 1998 è salito al potere, è stato il maggiore promotore del cosiddetto “Socialismo del XXI secolo” (di cui parleremo meglio nelle prossime settimane) che ha cambiato la faccia del continente. La rivoluzione promossa da Chávez ha portato alla progressiva integrazione economica e politica dell’America Latina e ha rafforzato l’autonomia della regione nei confronti degli Stati Uniti, che hanno sempre esercitato un’influenza coloniale su di essa.

Antiamericanista convinto, Chávez è arrivato a stringere relazioni con i più controversi governi antimperialisti del mondo, tra cui quello iraniano di Ahmadineyad e quello libico di Gheddafi, con cui ha continuato ad avere buoni rapporti anche quando i suoi più ferventi sostenitori (tra cui Berlusconi) lo hanno abbandonato. Il Venezuela è stato fondamentale nel sostenere Cuba contro l’embargo economico statunitense, attraverso l’invio nell’isola caraibica di petrolio in cambio di servizi sanitari ed esperienza educativa. Infatti, in particolare grazie alla creazione della compagnia statale Petrocaribe, il Venezuela è oggi il maggior produttore mondiale di greggio, che è venduto soprattutto alla Cina.

Gli avversari di Chávez non criticano solo le relazioni internazionali del presidente, ma anche il suo atteggiamento populista, la corruzione che dilaga nel paese e la burocrazia eccessiva. Inoltre, accusano il governo di controllare i media, anche se in realtà l’80% della stampa è nelle mani dell’opposizione. Com’è possibile che nel paese che rappresenta il maggiore produttore mondiale di greggio, il 23% della popolazione viva sotto la soglia di povertà? La domanda è più che lecita, ma non si possono ignorare le conquiste sociali ottenute dal governo chavista, finanziate soprattutto grazie alla crescita delle entrate derivate dai programmi di nazionalizzazione delle risorse naturali, come petrolio, gas e oro. Grazie alla decisione di dedicare il 42,5% del bilancio dello Stato agli investimenti in campo sociale, il Venezuela ha diminuito del 17% il tasso di disoccupazione, del 50% quello di mortalità infantile, concesso le pensioni anche alle casalinghe e incrementato il numero degli alloggi popolari.

È stato moltiplicato per cinque il numero dei maestri nelle scuole pubbliche e, anche grazie alla cooperazione con Cuba, oggi gli strati più poveri della popolazione venezuelana hanno accesso all’educazione e alla sanità. Inoltre, il socialismo venezuelano ha portato alla creazione di programmi a favore delle famiglie più povere e stabilito un salario minimo che è il più alto in America Latina.