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Diecianni

W Coppi

di Mara Finotti

Fausto Coppi

Il racconto di un vecchio è il più grande tesoro che ci possa lasciare il passato. La nostra storia parte da qui: da una vecchia bottega all’inizio di via Lunigiana nel quartiere di Mazzetta, un gruppo di amici e Gino detto lo “Scarpaio”.
Eravamo più o meno a metà degli anni Cinquanta, Spezia per buona parte era ancora tutta campagna, la televisione si vedeva, quando andava bene, alla Società di Mutuo Soccorso, il telefono fisso era solo in qualche casa e si poteva ancora fumare nei locali pubblici.
I ventenni di allora erano già degli uomini fatti e a quel tempo nelle chiacchiere da bar esistevano solo le volate di Coppi e Bartali, la boxe e il calcio.
Gino era il ciabattino del quartiere non era troppo alto aveva i capelli neri e portava i baffi. Tutti si servivano da lui, aveva una bottega piccola piccola era piena di scarpe che sbucavano da ogni angolo, dagli scaffali e qualcuna rimaneva anche sul pavimento. Più che una bottega sembrava una stanzetta, dentro albergava quell’odore di cuoio e lucido da scarpe, dei vecchi calzolai di una volta.
Ma la funzione di una bottega come quella di Ginetto, come lo chiamavano gli amici, non va vista come un semplice negozio d’artigiano come può essere oggi, che assume un aspetto forse un po’ impersonale. La bottega del buon Gino rappresentava un’arena ideale per scontrarsi su opinioni di vario genere, ma niente come la coppia Coppi-Bartali scaldava gli animi.
All’epoca era così, non c’erano vie di mezzo o stavi per uno o per l’altro, o meglio, se adoravi uno detestavi l’altro. Gino non poteva sopportare proprio Coppi. Al solo pensiero di vederlo in volata, gli faceva montare un tale nervoso che avrebbe lanciato fuori dal negozio tutte le scarpe che gli capitavano sotto mano. Poi, i suoi amici… come conoscevano bene quel suo piccolo “tallone d’Achille”! Ogni volta non si risparmiavano di commentare. Gino rispondeva a tono e qualche volta incassava il colpo, scattava la risata generale e tutto ritornava come prima, per lui comunque l’unico vero campione rimaneva Bartali.
Poi una mattina arrivò al negozio, come sempre con quella specie di “Ape” tutto scassato che quando veniva giù dai monti faceva più rumore di un trattore. Gino quella mattina entrò come faceva ogni giorno.
Per uno strano caso del destino in quel momento alzò lo sguardo e lesse, sull’entrata in sasso, una scritta a caratteri cubitali fatta con la vernice bianca: “W Coppi”. Non sì è mai saputo quale fu la reazione del povero “scarpaio” ai posteri non resta che immaginarlo. Il fautore di questo “terribile” gesto diretto al cuore del povero Gino? Un mistero, ma non è da escludere che quel furfante burlone abbia agito con qualche altro compare.
La bottega di Gino ha chiuso da più di qurant’anni e dal fattaccio di “W Coppi” ne sono passati quasi sessanta. Lo scarpaio è andato in pensione ed ogni tanto si vede in giro ancora qualche suo vecchio amico. Di quei giorni ancora una cosa rimane che il tempo, fin troppo magnanimo, non ha voluto cancellare: la scritta “W coppi” sugli stipiti di pietra.
Questo è un racconto, un po’ romanzato, fatto a mia madre quando incontrò un amico di vecchia data di mio nonno, che a questo punto assieme al suo amico…possono essere considerati due sospettati?
Un piccolo mistero gioioso di quartiere di cui La Spezia è piena, basta solo fermarsi e voler ascoltare chi ancora le può raccontare.
Questo racconto l’ho custodito gelosamente come un piccolo tesoro perché storie come queste non smettono mai di scaldare il cuore.

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