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Gente della Spezia

Gente della Spezia – Piazza Saint-Bon, non solo una questione di alberi

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Simone Antonio Pacoret de Saint-Bon (1828-1892) è stato un militare e politico italiano, capitano di fregata di 1^ classe. Fu senatore e ministro della Marina del Regno d’Italia nei governi Minghetti II, Giolitti I e Starrabba I.
Pensare che noi, piccole teppette urbane gravitanti tra Piazza Brin e i Salesiani di via Roma nei mai abbastanza rimpianti anni ’70, credevamo che Saint-Bon fosse un santo. E poi mica lo pronunciavamo alla francese, diventava uno spezzinissimo “Sant Imbòn” o anche “Santimbòn” tutto attaccato, oscuro santo di chissà quale epoca. E invece, da Ministro della Marina, nobile nato a Chambèry, quindi Savoiardo (che per noi senza Dio era solo il celeberrimo biscotto e nulla più), ebbe un ruolo di primo piano nell’espansione della Marina che trascinò con se la nascita della città della Spezia così come la conosciamo ora.
Da bravi sudditi del Regno, i nostri avi pensarono di dedicare al Savoiardo una delle più belle piazze della città, un colpo d’occhio meraviglioso per i forestieri che scendevano dalla stazione sulle carrozze trainate dai cavalli o a bordo del tramway. Un quadrilatero di magnifici palazzi a contornare un piccolo parco urbano. Uno splendore.
Nei nostri folli e spensierati anni ’70 Piazza Saint Bon era rimasta più o meno la stessa se non per il traffico, che aumentò in modo esponenziale con la successiva apertura della Galleria Spallanzani. Ripensandoci, era davvero un cuore pulsante: scendendo da via Fiume, in senso antiorario, c’era una farmacia, che era una trentina di metri più a nord di dov’è ora; Moizo, una pasticceria leggendaria che alla domenica riforniva tutte le case del quartiere; il tabacchino; il Bar Commercio, un locale elegantissimo dove facevano capolino sportivi doc tra cui Luciano Razzuoli, al quale si doveva la frequente abitudine del Giro d’Italia di arrivare o partire dalla nostra città. Al Bar Commercio si faceva anche la schedina. Dal tabacchino della Felicina, la mamma di Razzuoli, si compravano le sigarette per i genitori o i quaderni per la scuola. Passato il signorile Palazzo Calderai c’era e c’è tuttora Cintoi, con i suoi motorini e le sue biciclette, e dall’altra parte ancora il cinema Smeraldo. Subito dietro, il Monteverdi. La sera era una piazza vivacissima, ricordo ancora le folle oceaniche di giovani e giovanissimi che sentivo da casa mia per i concerti dei più grandi nomi della musica leggera che venivano a suonare al Monteverdi, teatro che in epoche passate vide anche grandi match di boxe, tutte le compagnie di rivista più importanti e persino un’Aida con gli elefanti, prima di conoscere un rapido tramonto annunciato dagli strip-tease che si facevano al tempo del suo declino. L’alternativa al Monteverdi era lo Smeraldo, o i vicini cinema Marconi, Odeon e Cozzani. Cinque “poli culturali”, come li chiamerebbero i burocrati intellettualoidi di oggi, che sono morti tutti quanti, assieme ad altri. Un bel primato…
Era proprio una bella città, la mia Spezia dell’infanzia. Piena di lavoro e di vita. Per noi bambini Piazza Saint-Bon non era proprio il punto privilegiato, però era necessario per una serie di ragioni: anzitutto per la fontana davanti allo Smeraldo che serviva sia a dissetarci dopo le interminabili partite di pallone che disputavamo nella vicina via Saponiera o nel cortile delle scuole di via Napoli (universalmente noto come “palestra”) sia, nei mesi estivi, per preparare i gavettoni con i quali ci davamo battaglia per tutta la piazza. Inoltre l’edicola che era sotto gli alberi era il nostro principale fornitore di figurine, quegli album della Panini che non riuscivamo mai a finire ma che ci tenevano impegnati almeno tre o quattro mesi in tutta una serie di giochi da noi allestiti per accaparrarcene sempre di più al fine, vano, di completare la raccolta.
Giovedì mattina ho voluto contemplare lo scempio. Non ho resistito che pochi minuti, perchè la commozione stava prendendo il sopravvento, sotto il peso dei ricordi. I nostri amministratori in quattro e quattr’otto hanno fatto fuori tutti gli alberi della piazza, recintandola come un fortino. Alcuni erano pini secolari! Tutto per l’incapacità di realizzare una pavimentazione compatibile con le piante o per cosa? Sembra una notizia dei telegiornali di Alighiero Noschese: “Una colonna romana è stata abbattuta per far posto alla villa di Tizio. Le autorità hanno stabilito che la colonna è abusiva”. Peccato che non è una parodia, ma è la verità. E che dire della “questione dei nidi”?. “Squadre di taglia-alberi si sono meticolosamente accertate che nessun nido sia rimasto danneggiato nell’operazione di ripulitura della piazza”. Questo, più o meno, il significato del comunicato riportato anche dal nostro giornale nei giorni scorsi.
Ora Piazza Saint-Bon è come un’orso scuoiato vivo, agonizzante prima della fucilata definitiva. Quel che veramente avvilisce è la sicumera con cui vengono dette certe cose. “La popolazione è stata consultata ed era d’accordo”. Io che abito sempre lì nei pressi non lo sono per niente, e come me tutte le persone con cui ho avuto modo di parlare in questi giorni.
La popolazione in realtà aveva manifestato altre istanze, ma probabilmente non sono state considerate perchè non sufficientemente buoniste. Piazza Saint-Bon negli anni è diventato il simbolo del degrado più sfacciato. Decine di spacciatori magrebini, per la quasi totalità clandestini, la popolano da mezzogiorno fino a notte inoltrata, servendo una vasta clientela che va ben al di là dei confini provinciali. Ci sono locali, che rappresentano la base logistica di questi criminali, che continuano imperterriti a lavorare quando in altre città probabilmente si sarebbe intervenuti con maggiore solerzia per la revoca insindacabile delle licenze amministrative. Evidentemente lo spaccio è funzionale anche all’economia di tanti italiani, quelli che ad esempio affittano le case in nero dietro lauti compensi. Ma anche su questo tutto tace.
Non ci sono soltanto i lavoratori del ramo stupefacenti, ma anche slavi e rumeni, molti dei quali pregiudicati per reati contro il patrimonio, che spesso eccedono nel bere e finiscono per provocare risse furibonde, l’ultima delle quali martedì notte, ma che covava già dalla sera, come visto da me personalmente mentre “scortavo” a casa una mia amica con i suoi due figli piccoli. Coloro che un tempo uscivano alla sera a prendersi un gelato o per andare al cinema adesso sono per la maggior parte cittadini anziani che rimangono barricati nelle loro case svalutatissime, perchè nessuno si azzarda a comprare in zona, ma anche i giovani si guardano bene dall’uscire dopo cena se non per lo stretto necessario.
Una donna non ha più la possibilità di uscire da sola dopo cena senza correre il rischio di essere molestata da gruppetti di ubriachi, questo è bene che si sappia, anche se a qualche anima bella può turbare la coscienza.
Invece no, il problema era costituito dagli alberi. Gli spacciatori hanno preso atto della situazione e si sono spostati qualche decina di metri più in là, lungo il pezzo di via Fiume pedonalizzata, continuando imperterriti a svolgere la loro funzione.
Dopo il furore anti-alberi, che si è manifestato anche nella vicina Piazzetta Caduti del Lavoro, nella Piazza della Stazione e in Viale Amendola e che si sta per scatenare anche su Piazza Verdi, vedremo come sarà risistemato il tutto. Non siamo ottimisti. Almeno si risparmino l’improntitudine di dire che siamo d’accordo. Si abbia il coraggio di sottoporre a referendum alcune scelte (Piazza Verdi, tanto per dirne una) invece di calarle dall’alto fregandosene bellamente del parere dei cittadini, buoni solo da spremere e tartassare dopo averli blanditi con vuote promesse elettorali.