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Buongiorno CDS

Buongiorno Cds – Storie -Ti offro la mia vita

Mare di Liguria

Il volontariato è in crisi. Le persone sono sempre meno disposte a donarsi agli altri in maniera gratuita per una serie infinita di motivi: il lavoro da svolgere è sempre troppo e si guadagna troppo poco quindi bisogna passare il doppio del tempo in ufficio, di conseguenza il tempo libero scarseggia e appena si presenta l’occasione di qualche “ora d’aria”, dalla martellante vita quotidiana, viene spontaneo dedicarsi di più a se stessi.
Per i più giovani, magari ancora alle prese con lo studio o alle prime esperienze lavorative, il discorso non cambia più di tanto, forse nel loro caso manca anche un’educazione al volontariato.
Sommando tutti questi aspetti, il prodotto non cambia comunque e rimane prioritario dedicarsi alle proprie esigenze e molto meno a quelle agli altri.
Tutte queste considerazioni non vogliono rappresentare un’accusa verso il mondo, moderno e caotico, che ci risucchia ogni giorno e tanto meno un obbligo a dire “andate a fare del volontariato!”.
Si tratta semplicemente di una panoramica su quello che stiamo diventando, poco a poco. La storia che sto per raccontarvi, accende un lumicino di speranza perché esistono ancora persone che credono che il tempo libero sia anche dedicarsi agli altri. Qui entra in campo Elisabetta.
Elisabetta ha 27 anni e da 17, passa l’ultima settimana di settembre a Lourdes tra le schiere dei volontari UNITALSI.
Mi trovo davanti ad una persona estremamente solare e dai modi molto gentili.
Iniziamo a chiacchierare come se ci conoscessimo da sempre, è piacevole. Le dico che la sua esperienza a Lourdes è molto importante e che non tutti accetterebbero di fare una cosa del genere, lei quando parte come accompagnatrice ai pellegrinaggi non si occupa solo di fare compagnia a chi deve seguire, ma li aiuta anche in azioni più intime come mangiare, lavarsi e vestirsi.
La prima volta che è partita aveva 10 anni: “spinta un po’ dalla curiosità e un po’ da mio padre, che a oggi conta ne conta ben 30, di pellegrinaggi .”- racconta- “Subito mi sono sentita un po’ spersa, perché mi trovavo in un ambiente che mi era stato solo raccontato e avevo vissuto comunque solo in parte a qualche giornata dell’amicizia con la sottosezione dell’Unitalsi di Levanto. Siccome non faccio fatica a fare amicizia e ad entrare in rapporto con altre persone, sono riuscita ad ambientarmi subito, anche nel lungo viaggio in treno.” Aggiunge, che il viaggio per Lourdes può durare molto più di dodici ore.
Mi racconta che: “I primi servizi che ho svolto, durante i primi pellegrinaggi, sono stati quello di refettorio e servizio durante le funzioni religiose in esplanade”.
E’ la piazza dove i pellegrini e i malati ricevono, ogni giorno, la benedizione del Santo Sacramento.
Quando parla di questa esperienza si nota una profonda umiltà, come se quello di cui si occupa, sia una cosa ovvia.
Nei tanti anni di servizio, ha cambiato diversi incarichi e a 18 anni: “è arrivato il momento di crescere di prendersi delle responsabilità in più, perché Lourdes non è un gioco, ma è servizio! “.
Dalla maggiore età ha ricevuto il primo incarico di responsabilità diventando vicecaposala in ospedale. In questa veste si occupa dell’aspetto pratico della cura del malato, dalla sistemazione nelle stanze, all’aiuto per la cura personale aiutando chi non è autosufficiente a vestirsi, cercando di rendersi utile per le loro esigenze.
Diventare vicecaposala, per lei, è stato un bel cambiamento: “Da li si è aperto un mondo. Il servizio in sala è il più faticoso, il più bello e il più completo che si possa fare e non rinuncerei a questa esperienza per niente al mondo”
E’ profondamente legata al servizio e ai suoi compagni di viaggio. Ascoltandola capisco che, per lei, Lourdes è come se fosse una seconda famiglia. Anche se la realtà di può essere vista, dai più, come un momento di sola preghiera. Elisabetta mi dice che non è esattamente così:” A Lourdes non si incontra dolore, a differenza di quanto si possa credere, è una settimana di gioia, è una settimana nella quale ci si ritrova con amici delle altre regioni coi quali ci si da appuntamento all’anno successivo”.
Il suo ultimo pellegrinaggio risale a settembre del 2009, pensare che “io non dovevo nemmeno partire” me lo dice sorridendo e mi racconta che questa volta è stata diversa dalle altre perché è partita due giorni prima rispetto all’arrivo degli ospiti provenienti dalla regione Liguria.
Le si illumina il volto mentre me ne parla, mi racconta che ha vissuto Lourdes come mai le era capitato prima ed essendo appassionata di fotografia, ne ha approfittato per “rubare” dei momenti di vita vissuta durante il pellegrinaggio grazie al suo teleobiettivo. Così è nata anche “Sguardi Rubati, tra persone speciali” una raccolta di scatti fotografici che documentano quello che è Lourdes.
“Suardi rubati, tra persone speciali” è diventato anche una piccola mostra, allestita in occasione della 150° festa dell’Unitalsi, dove molti dei visitatori hanno chiesto ad Elisabetta per quale motivo, nei suoi scatti spesso vengono ritratte le mani. Guardando le foto anch’io mi pongo la stessa domanda.
Elisabetta mi spiega che le mani sono la cosa che si usa di più a Lourdes, mani che pregano, mani che stringono, mani che accarezzano. Ne sono il vero simbolo , perché sono il primo passo per conoscersi ed unirsi.
E’ bello perdersi nelle sue parole e nei racconti di Lourdes, perché mi fa capire che esistono persone ancora volenterose di confrontarsi con gli altri e condividere la propria esistenza con chi è meno fortunato.
Sentendola parlare capisco che probabilmente non abbandonerà mai questo servizio e le chiedo che cosa direbbe se dovesse invitare qualcuno a fare la volontaria a Lourdes:
“È un’esperienza forte, ma da provare, e chi viene una volta…non lo lascia più.”