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La recensione: "La peste scarlatta" di Jack London

La peste scarlatta

Apparso per la prima volta sul “London Magazine” nel lontano 28 Giugno 1912, “La Peste Scarlatta”, con innegabile tempismo, viene pubblicato da Adhelpi sul finire del 2009, a cavallo tra le gravi minacce epidemiche dell’autunno passato e lo spettro delle correnti catastrofiche del 2012 dietro l’angolo.

Nell’anno 2013, in un mondo dominato dal Consiglio dei Magnati dell’Industria, scoppia un’epidemia che in breve tempo cancella l’intera razza umana. Sessant’anni dopo, nello scenario post-apocalittico di una California ripiombata nell’età della pietra, un vecchio, uno dei pochissimi superstiti (e a lungo persuaso di essere l’unico), di fronte a un pugno di ragazzi selvaggi – i nipoti degli altri scampati – riuniti intorno a un fuoco dopo la caccia quotidiana, racconta come la civiltà sia andata in fumo allorché l’umanità, con il pretesto del morbo inarrestabile, si è affrettata a riportarsi con perversa frenesia a stadi inimmaginabili di crudeltà e barbarie. La peste scarlatta è uno dei grandi testi visionari di Jack London, che qui ancora una volta anticipa temi che, un secolo dopo, diventeranno ossessivi.

Un nonno e un nipote che avanzano verso l’accampamento di due pastori, dove un tempo sorgeva San Francisco, sulla riva di un mare che è casa di elefanti marini e dove cavalli selvaggi cercano riparo dai lupi.
La civiltà ha percorso a ritroso la propria storia, regredendo all’età della pietra, devastata da un’epidemia fulminante il cui sintomo principale era la colorazione della pelle di un rosso scarlatto.
Tutto questo accadeva nel 2013 ed è di sessant’anni dopo il narrare di London.
Pochissimi gli scampati alla peste, il nonno rimane l’unico ad avere vissuto quella tragica epidemia, l’ultimo depositario di una lingua che non esiste più nella sua forma elegante ma rimane solo semplificata o legata ad immagini e, soprattutto, l’unico ad aver mantenuto un “sapere” ormai scomparso sotto la distruzione si saccheggi, incendi e omicidi.
Ha nascosto ciò che rimane della sua biblioteca in una caverna, nella speranza che uno dei suoi nipoti possa un giorno ripartire da queste basi per ricostruire la società.
La trama di questo racconto lungo si snoda attorno alla storia narrata dal nonno intorno al fuoco, durante una cena a base di granchi e cozze, ai giovani nipoti, la storia della “morte scarlatta”: ““A quel tempo San Francisco aveva quattro milioni di abitanti…” e “stando al censimento del 2010 l’intera popolazione mondiale era di otto miliardi…”. E c’erano “apparecchi in cielo: dirigibili e macchine volanti”.

Jack London è un visionario, un “creatore” di storie, un inventore che ad ogni tratto di penna riesce a dipingere un mondo a se stante: profetico, sarà l’antesignano di un genere che vedrà la sua fortuna durante tutto l’arco della storia ma, soprattutto, in questi nostri giorni dove il germe, invisibile nemico dell’uomo, si cela dietro ogni paura, continuamente affrontato dalla scienza medica ma mai del tutto sconfitto.
“Io sono leggenda” di Richard Matheson, “La Strada” di Cormac McCarthy, “Il mondo nuovo di Huxley, sono solo alcuni dei testi che riprendono il sentiero aperto da Jack London con “La Peste Scarlatta”.

Ottavio Fatica, curatore del volume, conclude nella sua postfazione con una frase che non lascia dubbi al destino dell’uomo: la condanna di chi ricorda il passato è “vederlo replicare sotto gli occhi senza poter far niente per precluderlo”. Moltiplicarsi, progredire, costruire. Combattere, distruggere, distruggersi.
Che quello di Jack London, già nel lontano 1912, non sia stato un avvertimento, un modo per spingere l’uomo a non arrendersi, a non nascondersi dietro l’eterno ripetersi della vita?

L’AUTORE:

Jack London è lo pseudonimo di John Griffith Chaney London, nato a San Francisco il 12 Gennaio 1876 e morto il 22 novembre 1916 all’età di quarant’anni. Dopo aver finito la scuola elementare nel 1889, frequentando compagnie poco raccomandabili, tra ladri e contrabbandieri, iniziò a passare da un lavoro all’altro. Dopo numerose esperienze lavorative, tornò a Oakland per frequentare la Oakland High School, dove partecipò alla redazione del giornale scolastico, “The Aegis”. Nel 1896 riuscì ad entrare all’Università della California, che lasciò nel 1897 a causa di problemi finanziari. Il 25 luglio di quell’anno partì per unirsi alla corsa all’oro del Klondike: è in quella regione che scriverà i suoi primi racconti di successo. Tutta la sua vita fu infatti caratterizzata da esperienze lavorative diverse, coerentemente con lo stile di vita vagabondo, fece lo strillone di giornali, il pescatore clandestino di ostriche, il lavandaio, il cacciatore di foche, il corrispondente di guerra russo-giapponese, l’agente di assicurazioni, il coltivatore e, appunto, il cercatore d’oro prima di diventare uno scrittore di successo. Come scrittore riuscì ben presto a diventare uno tra i più prolifici, famosi e meglio retribuiti del suo tempo. In tutta la sua carriera letteraria scrisse oltre 50 volumi.
Dopo il successo del suo romanzo più famoso, Il richiamo della foresta, si dedicò interamente alla scrittura, trattando i temi sociali che preferiva; anche se poco noto sotto questo aspetto al grande pubblico, tra gli appassionati di fantascienza i suoi racconti di questo genere sono spesso citati come dei classici e precursori di genere; in numerosi racconti ricorre il tema del ‘giorno dopo’, descrivendo un’umanità ritornata ai primordi o in procinto di farlo, anticipazioni della ‘guerra batteriologica’ (contro una Cina divenuta enormemente popolosa e commercialmente concorrenziale). In questo periodo aderì al socialismo, battendosi in difesa delle fasce deboli della società. Anticipò Kerouac con il romanzo itinerante On the road (cronaca di un viaggio per l’America in automobile) e, per molti versi, Hemingway.
Ha scritto, oltre a Il vagabondo delle stelle (1915): Il figlio del lupo (The son of the wolf, 1900), Il richiamo della foresta (The call of the wild, 1903), Il popolo degli abissi (1903), Il lupo di mare (1904), La partita (1905), La strada (1907), Zanna Bianca (1906), Il tallone di ferro (The Iron Heel, 1908), Martin Eden (1909), Radiosa aurora (1910), La valle della Luna (1913), John Barleycorn (1913), La piccola signora della grande casa (1916), Il figlio del sole (The son of the sun), Jerry delle Isole (Jerry of the Islands), Michael, fratello di Jerry (Michael, brother of Jerry).

TITOLO: “LA PESTE SCARLATTA”
TITOLO ORIGINALE: “THE SCARLET PLAGUE”
AUTORE: JACK LONDON
EDITORE: GLI ADELPHI
PREZZO: 9,00 €