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Il Cielo sopra La Spezia

Il Cielo sopra La Spezia. Prossima fermata: Watefront

Metropolitana di Spezia

Piove, è una mattina qualunque di un qualsiasi inverno freddo e scuro. Esco di casa leggermente in ritardo sulla tabella di marcia. Come al solito, ho indugiato sul caffèlatte, focaccia e le ultime da CDS più del consentito. Rabbrividisco ed affretto il passo, la pioggia è insistente e gelida. Arrivo quasi correndo all’entrata del sottopassaggio della fermata Metro Piazza Brin, giusto in tempo per afferrare al volo il “free press” cittadino dalle mani di un ragazzo in tuta catarifrangente più infreddolito di me, e sono già in fila per l’obliteratrice.
Il chip della mia tessera da abbonato fa il suo dovere e la macchina emette il solito e rassicurante “bip” da supermercato. Dopo un po’ di “pigiapigia” in scala mobile, mi ritrovo sulla piattaforma a fissare il display che annuncia il prossimo treno in direzione Felettino tra un minuto e 32 secondi. Un’occhiata distratta alla folla mattutina in attesa sui marciapiedi, ai cartelloni pubblicitari ed il mio sguardo torna sul display. Adesso indica un minuto e 9 secondi.

Il treno si presenta in un turbine d’aria sotterranea e clangore metallico, frena, le rotaie digrignano i denti e si ferma docile sulla piattaforma. Le porte si aprono soffiando, la massa umana si riversa quasi ordinata all’interno dei vagoni ed il treno riparte. Non è la folla di Milano, Parigi o Londra, molti trovano posto a sedere. Qualcuno legge il giornale, qualcun altro combatte ancora con le palpebre che non si vogliono alzare. Gruppi di studenti ridono ed ascoltano musica con l’Ipod, un capannello di lavoratori litiga sullo Spezia, signore con borse per la spesa raccontano di parentame ed acciacchi vari, giovani madri slacciano e riallacciano i baveri dei cappottini e dei piumini dei loro bambini senza soluzione di continuità e cicalando tra di loro, dirigenti imprecano contro la mancanza di tacche nei cellulari, immigrati si struggono di malinconia pensando al caldo inverno del loro paese standosene in disparte, verso la coda del vagone.

Una voce femminile semi metallica, dall’accento spezzino quasi impercettibile ed in inglese recita la liturgia del susseguirsi delle stazioni. A forza di sentirla ogni giorno, all’andata ed al ritorno, è diventata una presenza amica, quasi familiare. Alla fermata Waterfront, la maggior parte della gente scende. Qui c’è una grande concentrazione di attività e di uffici, una delle maggiori della città. Rimango appeso con la grazia di un insaccato morto di sonno al passamano di metallo e rileggo sul pannello plastificato, per l’ennesima volta, la sequenza delle fermate; assorto in un magma di pensieri indefiniti, mi lascio cullare dal rumore e dall’andatura a strappi del treno, una procedura di accelerazioni e frenate che ormai conosco a memoria, come se fosse una sequenza di ballo o un programma di fitness. Sant’Andrea, Mazzetta, Piazza Concordia. La prossima è la mia. Fontevivo. Una volta qui c’era l’area IP con i suoi miasmi puzzolenti, ora ci sono uffici, servizi e spazi verdi dove giocano i bambini e si può fare sport. Le porte si aprono, scendo e mi avvio come un automa rintronato sulla scala mobile. Un minuto e sono fuori. Il dolce oblio del viaggio è terminato: sento il cervello che riprende a funzionare, il sangue che pompa nelle vene, i muscoli si tendono. Una nuova giornata di lavoro mi attende.

Potrebbe essere così il futuro della nostra città, uno dei futuri. Almeno, è il desiderio di oltre mille duecento spezzini che su Facebook hanno costituito il gruppo “Si fan il ponte a Mesina me a vòi la metropolitana a Spesa!”. E non è tanto l’argomento in sé, probabilmente a Spezia una metropolitana nemmeno servirebbe, o forse sì, il dibattito sarebbe lungo e bisognerebbe avere strumenti tecnici di valutazione. Magari sarebbe più urgente, e fattibile da subito, la tanto discussa e mai realizzata “metropolitana del mare”, disponendo noi spezzini di uno dei Golfi più grandi, riparati e navigabili del Mediterraneo, ma questa è ancora un’altra storia. Alla base del motivo di aggregazione dei componenti di questo gruppo c’è sicuramente la voglia di una città diversa, migliore, in cui la viabilità e l’urbanistica abbiano un senso e la qualità del lavoro e della vita dei cittadini siano al primo posto.

Gli amici/fondatori del gruppo su Facebook hanno affibbiato alle le linee di questa metropolitana del futuro nomi altamente evocativi della nostra cultura e tradizione: “MESCIUA” (Chiappa – Canaletto); FAINA’ (Felettino – Stadio A. Picco); “MUSCOLO” (P.zza del Mercato – Fossamastra); “PALIO” (Passeggiata Morin – Palmaria). Una capacità di intelligente sarcasmo, tipico di noi spezzini, che sembra che “pigliamo per il culo” costantemente e non siamo mai contenti (ed in effetti è spesso così), ma in fondo ci teniamo stretti la nostra città e, al di là delle mezze verità che ci vogliono chiusi, scontrosi, grezzi “come la cartavetra” ed attaccabrighe, siamo anche capaci di alzare lo sguardo oltre la linea di demarcazione del nostro orizzonte fuori Diga e di guardare al Mondo che sta là fuori.

Perché lo spezzino è anche un animale nomade, lo è per costrizione storica. Quelli della mia generazione lo sanno bene, ma credo anche quelle successive. Nomadismo per il tempo libero, anche se bisogna ammettere che la night life spezzina attuale non è certo il dormitorio a cielo aperto dei profondi anni ottanta; nomadismo per studio, prima, e per lavoro, poi. E non come scelta autonoma: uscire dal proprio guscio, fare esperienze diverse in contesti differenti è formativo, obbligatorio direi. Ma tanti giovani spezzini lo fanno per necessità, per mancanza di alternative e di strade da intraprendere in casa propria. Uno degli obiettivi di questa Amministrazione, ed il Sindaco Federici spesso lo rimarca in molte occasioni, è quello di creare le condizioni affinchè le nostre intelligenze che vivono e lavorano fuori rientrino a Spezia. Benissimo, per farlo non c’è che un modo: trasformare, innovare questa città.

Ci sono una serie di partite aperte, di importanza non solo strategica, ma essenziale, una “condicio sine qua non” per il rilancio di Spezia. Riprendersi le aree militari, realizzare le nostre “grandi opere” e le infrastrutture come il nuovo ospedale, la Pontremolese, il Waterfront, l’Area IP, eccetera. Ed in tempi “europei”, non italiani, altrimenti nemmeno i nostri nipoti vivranno in una città diversa e i giovani spezzini saranno sempre costretti ad emigrare sognando la notte testaroli e muscoli ripieni. Forse anche una metropolitana, comunque qualcosa che potenzi i trasporti pubblici sostenibili e abbatta la pandemia da automobile di cui soffriamo anche qui a Spezia.

Caro Sindaco, amministratori, classe dirigente spezzina, se proprio non volete iscrivervi, ogni tanto visitate il gruppo “Si fan il ponte a Mesina me a vòi la metropolitana a Spesa!” su Facebook. Credo che potrete capire qualcosa di più della la città e degli spezzini.
Qualche giorno fa una cara amica che vive fuori Spezia mi ha chiesto se la spezzinità è un valore. Dipende: spesso non lo è, quando significa grettezza, ignoranza e provincialismo; ma se assume il carattere di quel collante formato da entusiasmo e spirito di comunità, desiderio di confronto e di scambio che ha fatto ritrovare a discutere più di 1200 persone nel gruppo su Facebook, allora il mio voto è a favore.

N.B: l’immagine della cartina della metropolitana della Spezia è di Francesco Maria Cucco, che ringraziamo sentitamente!