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L’arbitro, un uomo "invisibile"

Nella foto gli assistenti Pampaloni e Chiappini con l'arbitro Patrone di Genova

La Spezia – È il meno pagato dei presenti in campo ma i suoi errori scatenano polemiche che durano anche dopo i novanta minuti giocati, corre per chilometri e nessuno alla fine sottolinea le sue prestazioni fisiche, il tutto prendendo una decisione ogni tre minuti che deve arrivare in 2 decimi di secondo. Parliamo dell’arbitro, uno dei mestieri meno amati e compresi dal grande pubblico. Sono anni che vivo il mondo del calcio dilettantistico, prima da giocatore ( sono stato, almeno credo, un discreto portiere ), poi come dirigente, ammetto d’aver avuto qualche diverbio ma che poi al termine della partita è terminato con una stretta di mano, e ho notato una cosa che mi ha sempre fatto sempre riflette. Gli arbitri arrivano in silenzio e nella maggiore parte delle volte se ne vanno nel silenzio più totale, raramente un complimento, spesso tante critiche e insulti. Insomma l’arbitro è un uomo solo, un uomo “invisibile” e troppo spesso poco aiutato, sia da noi addetti ai lavori, sia dai calciatori e dirigenti per poi finire, e nessuno me ne voglia, anche il pubblico. Tanto più riesce a essere invisibile, tanto maggiore è la qualità del suo operato, almeno cosi dicono in molti. È chiaro, allora, che un arbitro deve pertanto avere qualità tecniche, fisiche e mentali che gli consentano la serenità del giudizio anche in casi piuttosto complicati. Ciò che rende così affascinante e difficile il suo mestiere, è che queste capacità, evidentemente, non si possono indossare ed esprimere solo durante la partita, come fossero una divisa che poi si toglie nello spogliatoio. Devono diventare parte integrante anche fuori dai campi di calcio, come una caratteristica, una peculiarità dell’arbitro anche nella vita quotidiana e professionale. “Portieri, terzini, centrocampisti o attaccanti si nasce. Arbitro di diventa” Spesso ho sentito questa frase pronunciata da molti arbitri e credo che sia una frase vera, una frase giusta. Infatti, molti arbitri hanno un passato da calciatore e, forse, vedendo la “scarsa” attitudine nel gestire il pallone tra i piedi hanno deciso di intraprendere la carriera dell’arbitro perchè la passione per questo sport ti porta anche a queste decisioni. Insomma la vita da arbitro, di uomo solo al comando con un unico obiettivo: che nessuno s’accorga di te, a sentire loro, appare più facile di quanto non sembra. La sfida del fischio perfetto. La vita impossibile per vedere tutto quello che accade in campo. Il tutto grazie a una grande passione per lo sport. Allora sì, può essere semplice anche fare l’arbitro. Ma ricordiamo che hanno bisogno anche del nostro aiuto. Sempre.

a cura di
Juri L.