fiorinoscritto
Maurizio Cavalli
Ci incrociavamo spesso sotto il ponte della Scorza, discreti e pensierosi come due convogli di una linea suburbana, ciecamente fedele alle promesse di un passato migliore, un passato in odore di ciclostile e di celluloide: un passato analogico, lo stesso che occupa buona parte dell'archivio in cui lavorava silenzioso, come in un costante dialogo telepatico con le immagini di cui era custode.
Un custode generoso, sempre lieto di condividere il suo sapere, soprattutto con i giovani, perché la cultura è anzitutto memoria. Un solido punto di riferimento per chi cerca di apprezzare questa città, perché in fondo gli spezzini si rassicurano sempre un pò quando scoprono di avere anche una storia, una loro storia. Allora, il fatto di non sapere ancora dove andranno non è più un problema: basta sapere da dove vengono.
La sua era una memoria storica, costruita su una partecipata esperienza alle vicende cittadine degli ultimi quarant'anni e coltivata grazie ad uno studio capillare della storia e della cultura locale.
Da qui nasceva il suo amore per il folclore spezzino, amore tradotto in musica nei Tandarandan, l'unico canzoniere dialettale nostrano che sia mai esistito tra la Lunigiana e la val di Vara.
Quando andavo al Dialma Ruggiero a consultarlo per le mie ricerche, esaurite le sue competenze, invece di liquidarmi, mi sorrideva e mi chiedeva "stai suonando?".
A legare la nostra sottile complicità era infatti la musica, la musica vissuta come necessità espressiva prima ancora che come evasione dalla quotidianità. Quella sottile complicità, già a dieci metri di distanza, accendeva in noi un sorriso tutte le volte che - chi andando, chi tornando dal Dialma - ci incrociavamo sotto il ponte della Scorza.
Venerdì 15 febbraio 2013 alle 02:42:04
Matteo Fiorino
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