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Una storia spezzina

Winston Churchill strizza l’occhiolino all’Italia

di Alberto Scaramuccia - Spezia nella grande guerra, 7

Un giovane Winston Churchill

(…prosegue)

Sull’altro versante, le testate moderate e della sinistra democratica approvano la neutralità assunta dall’Italia. Rappresentano l’opinione pubblica che non vuole imbarcarsi in avventure, ma neppure restare passiva di fronte agli avvenimenti che stanno sconvolgendo il Continente. Corifei di questa posizione sono il Corriere e la Gazzetta, entrambi con “della Spezia” in fondo al nome. Plaudono al gabinetto Salandra e lodano la sua condotta di prudente attesa adottata fin dall’inizio della storia: stare alla finestra e guardare attenti. È il consiglio che le testate danno, non tanto al Governo, quanto ai propri lettori che invitano a nutrire fiducia verso le decisioni di Roma. Che poi siano appena cambiati i titolari degli importanti dicasteri di Guerra e Tesoro, pare non importi più di tanto. Una volta appurato che la tanto paventata discesa in campo accanto a Berlino e soprattutto Vienna, non è assolutamente passata, la guerra si colloca in secondo piano. Dell’andamento del conflitto si danno scarse notizie: c’è già la grande stampa nazionale che provvede ad informare. Così, neppure si perde tempo a spiegare i motivi per cui con sempre maggiore asprezza ci si comincia a scontrare sull’alternativa entrata in guerra, oppure no, ed in ogni caso a quali condizioni. Ci si potrebbe stupire che questa sia la posizione dei giornali, soprattutto della Gazzetta che da sempre rappresenta l’industria locale che dalle commesse militari trae alimento, ma la spiegazione è semplice. Le testate parlano tanto bene di Salandra, ma in fondo guardano a Giolitti che al momento porta avanti la sua politica del “parecchio”: ottenere tanto, o solo abbastanza, patteggiando con le parti in causa la propria neutralità.
Diverso invece è l’atteggiamento dei repubblicani. Nonostante si siano scissi in due tronconi (uno favorevole all’alleanza locale anche con i monarchici, l’altro intransigentemente ostile ad aperture a sinistra), sull’entrata in guerra dicono di fatto le stesse cose. Già nei primi giorni del conflitto, quando ancora si parla solo di neutralità giudiziosamente attenta, si pubblica, ripreso da un foglio inglese, ed è sintomatico, un articolo di Winston Churchill, allora Primo lord dell’Ammiragliato e ministro delle Munizioni, dicastero che sovrintendeva alla produzione bellica. Winnie fa l’occhiolino all’Italia riconoscendo la legittimità delle sue richieste sulle terre irredente. In effetti, la questione di Trento e Trieste è il cavallo di Troia per cui passa l’intervento. Si scomodano Mazzini e Saffi e si fanno i nomi di grandi vecchi (Kropotkin, Cipriani) che si dichiarano favorevoli all’entrata in guerra, si loda l’occupazione italiana del porto albanese di Valona che protegge, pur nella neutralità, gli interessi nazionali nell’Adriatico e si adombra la possibilità di spartire l’influenza nei Balcani con Serbia e Russia.
Intanto, si esalta l’attività delle donne che “con affettuoso slancio” raccolgono e confezionano indumenti per i soldati: che segnale!

(Continua…)