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Una storia spezzina

Via Chiodo, "la polverosa"

di Alberto Scaramuccia

Via Chiodo

Se ci chiedessero qual è la via cittadina più importante, penso che daremmo risposte assai diverse ché dipenderebbero molto da fattori personali: il luogo dove si risiede, ad esempio, influenzerebbe non poco la scelta.
Una volta era più facile. Fino a un secolo e mezzo fa i Spezìn se ne stavano chiusi all’interno di un perimetro murato che ruotava intorno a via Prione. Non è caso che gli antenati chiamassero questa strada il carugio diritto, aggettivo che nella loro lingua non significava rettilineo, bensì principale.
Poi, la città si aprì e progressivamente si espanse verso levante creando spazi prima impensabili dove si crearono nuove vie, lunghe e spaziose, ognuna delle quali ha titolo per ambire alla palma di via principale. Quindi, ogni risposta è valida anche se, oggettivamente, corso Cavour e via Chiodo hanno una dignità tale, certificata nel tempo, da proporle quali candidate di tutto rispetto nella corsa alla fascia di Miss Strada Spezzina.
Eppure, entrambe hanno avuto una vita tormentata essendo dovute partire dal nulla, senza aver mai conosciuto prima un precedente, seppur minimo tracciato, confrontandosi di continuo con il fango e la polvere che le assediavano. Ancora nel 1915 via Chiodo era soprannominata “la polverosa”, nickname che la dice lunga sul suo stato.
Del resto, proprio via Chiodo non esiste fino al luglio 1844 quando si concede al marchese Da Passano lo spazio per erigervi un palazzo. Inizialmente sarà l’albergo Croce di Malta; conoscerà altri nomi ed altri ruoli; oggi è la Fondazione ma quando lo si aprì intorno al 1853 l’entrata era da via Minzoni, al tempo intitolata al Principe Amedeo. Sul lato che poi sarebbe diventato via Chiodo, trovavi, dicono gli storici, solo orti e campagna ché allora il palazzo era esterno alle mura il cui braccio occidentale s’arrestava all’odierna via Da Passano.
Dunque, la Fondazione (chiamiamolo con il nome che ha oggi che tutto è più semplice) fu il primo e per tanto tempo l’unico palazzo dell’intera area e proprio questo ci aiuta a capire perché di tutta la via Chiodo il tratto della Fondazione è l’unico a non avere dei portici nella parte antistante l’entrata (di oggi).
Quando vent’anni dopo il Piano Regolatore stabilì che tutti gli edifici lungo quella strada dovevano essere porticati, gli allora proprietari della Fondazione opposero rifiuto dato che quella norma non poteva riguardare gli edifici eretti in precedenza, prima della sua promulgazione.
La legge non è mai retroattiva e il palazzo che era stato costruito senza niente davanti, continuò a restare privo della copertura del colonnato.