Se ricordate, a fine giugno scrissi sulla rubrica che nei giorni che immediatamente precedettero l’attentato di Sarajevo che fu poi la causa-pretesto che scatenò la prima guerra mondiale, qua alla Spezia si varò un sommergibile destinato all’Impero russo. L’aveva realizzato il cantiere della Fiat-San Giorgio, antenato di Muggiano e Fincantieri. Per lo scoppio delle ostilità, non si poté dare il natante a chi l’aveva commissionato. Essendosi, infatti, l’Italia dichiarata neutrale, la consegna avrebbe potuto essere considerata una violazione della sua asserita volontà di non partecipare al conflitto, stato di neutralità che si mantenne fino al 24 maggio dell’anno successivo.
Così, il sommergibile, cui venne provvisoriamente imposto il nome di 43, rimase alla fonda al Muggiano, anche se qualcuno sotto sotto lavorava per farlo partecipare al conflitto. Autore della macchinazione fu Angelo Belloni, ex-ufficiale di Marina che, lasciato il servizio per problemi di salute, era diventato un valente tecnico del cantiere. Per attuare il suo proposito, egli escogita una soluzione quasi rocambolesca di cui ci informano tutti i settimanali spezzini nell’ottobre di cento anni fa ed anche una mini serie di servizi apparsi sul quotidiano Il Secolo.
Dopo il varo e dopo le prime prove di collaudo, il sommergibile, con a bordo personale civile, resta al Muggiano sotto la stretta sorveglianza della Marina Militare. Continua però con i test di controllo. Uno di questi si attua sabato 4 ottobre: il 43 deve andare a Capo Mele per effettuare prove di comunicazione. Alla guida del mezzo c’è il Belloni che mette in atto la fuga. Arrivato a destinazione, muta la rotta e, vincendo le resistenze dell’equipaggio tutto civile, punta sulla Corsica. Il suo piano è di andare poi a Malta dove vuole chiedere agli Inglesi carburante e siluri per assaltare la roccaforte austriaca di Pola e suscitare il caso che porti l’Italia in guerra. Però, purtroppo per lui, le cose non vanno nel senso sperato e la fuga si esaurisce ad Ajaccio con il sommergibile preso in custodia dalle autorità francesi che subito tolgono i boccaporti al natante per impedirgli di prendere il largo.
C’era qualcuno dietro al progetto di Belloni? Io penso proprio di no e la prova è che l’intera operazione fu condotta con dilettantismo, sotto l’influsso di un’esaltazione patriottarda che spinse il nostro eroe a partire con quattro lire che finirono subito quasi tutte, consumate in una trattoria corsa dall’equipaggio affamato.
Al termine del mini pasticcio, l’ormai famoso 43 è riportato al Muggiano e Belloni processato. È però assolto nel marzo del ’15 anche per il clima interventista che si stava vivendo. Potendo così essere reintegrato nel servizio attivo, partecipa alla guerra alla pari del 43 che fece parte della Regia Marina con il nome di Argonauta.
Nel contesto del periodo, questa è una piccola storia, ma non è forse vero che da episodi come questo, mani certo più sapienti confezionano grandi spy storie?
PS: scusate se approfitto, ma ricordo che il prossimo mercoledì 8, alle 17, nella Sala del Consiglio Provinciale (g. c.), Filippo Paganini e Giorgio Pagano, dopo un’introduzione del Prefetto Dottor Forlani, presenteranno il mio libro “Spezia 1914” che parla più diffusamente delle cose dette in questa estate. Se vi sono risultate interessanti e se avete tempo, vi aspetto.
Una storia spezzina
Una romantica fuga di cento anni fa
di Alberto Scaramuccia