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Una storia spezzina

Un progetto per "divertire l’acqua dei Stagnoni"

di Alberto Scaramuccia

Import 2017

Ho già detto più volte che sul territorio spezzino, già di origine alluvionale, procedevano parecchi corsi d’acqua che lo percorrevano da capo a piedi, dalle alture al mare. Se questa abbondanza di acqua per di più di ottima qualità, costituisce gran pregio per il Golfo, d’altra parte, specie nel passato, caratterizzava la morfologia dell’intera area. Delle non poche zone acquitrinose alcune furono bonificate dalla risulta degli scavi per fare l’Arsenale (per esempio, l’area del Quartiere Umbertino), ma in alcuni punti rimasero fino a tempi relativamente recenti delle grosse pozze d’acqua, piccoli laghetti cui si dava il nome di Stagnoni.
I più famosi sono quei due invasi resi comunicanti da un sottile istmo d’acqua che stavano nella zona di Fossamastra e che furono oggetto di accese dispute fra Arcolani e Vezzanesi. Infatti, le due comunità confinanti si disputavano anche ferocemente quei bozi per coltivarci sopra lino e canapa, piante notoriamente idrofile. Oggi non ci sguazza dentro più nessuno ché li si sono bonificati, ma il nome è rimasto per identificare la località.
Questa è cosa nota, ma c’era un altro posto, meno conosciuto, che portava quel nome.
Infatti, una bella carta della Spezia risalente al 1767 (tanti anni da oggi se misuriamo con il metro dell’esistenza umana, meno se pensiamo ai millenni di vita della terra) ci mostra un ampio laghetto a metà strada fra la porta del mare (Piazza Mentana) e l’angolo della cinta muraria formato dall’incrocio delle odierne vie da Passano e Cavallotti. Siamo, dunque, immediatamente nei pressi del luogo dove sorge l’edificio che ospita la Fondazione. Quando (siamo nel 1844) quel palazzo venne costruito in un sito dove non esisteva proprio nulla e via Chiodo era ben là da essere pensata, i documenti ci parlano di un bel pozzo che contribuiva a fornire l’acqua necessaria al funzionamento dei bagni collocati nell’ala occidentale del palazzo che allora ospitava l’albergo Croce di Malta.
Del resto, le cronache ci dicono che ancora nel 1895 gli abitanti del Torretto, asciugatasi la loro “pollella”, s’abbeveravano lì vicino, alla fonte del Politeama: tutta l’area era ricca di acqua.
Ma nella carta del 700 altra cosa intrigante è la frase messa accanto al laghetto. Lì, infatti, si dice di un “progetto per divertire l’acqua dei Stagnoni”. È roba che riguarda la lingua italiana con quel “dei” davanti a esse impura che oggi consumerebbe quantità di matite blu e quel verbo che significava allora deviare l’acqua dei fiumi e che pian piano cambia l’accezione nell’attuale: perché allontanava pensieri e preoccupazioni.