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Una storia spezzina

Un budello di 13 metri

di Alberto Scaramuccia

Il cancello che chiude il "tunnel della vergogna"

Vecia Spezia dei tempi… potremmo canticchiare adattando ad oggi il famoso motivetto di tanti anni fa.
Già, ma dei tempi di che cosa? Beh, potremmo dire dei Quattro Canti ch’ i-eo er sentro de-a Speza de na vota, dove si svolgeva la vita diurna e la movida alla notte.
Erano un’area di cui temo troppi abbiano perso la memoria. Grosso modo era il crocicchio dove via Prione incontra la via della Pia. La chiamo così per farla identificano all’istante; dicessi via Magenta, metterei in crisi, temo, qualcuno.
Da un lato, c’è questo convegno; dall’altro la strada cambia nome in Sforza ed immette in piazza Sant’Agostino.
Se alo-a non era molto grande a Speza, murata com’era nel ristretto giro di quattro bracci, i suoni che vi nascevano rimbalzavano per ogni dove dentro a quel rettangolo chiuso portando i sentimenti che li animavano: gioia e serenità come afflizione ed inimicizia, cioè la vita. Su tutto sentivi il fruscio tintinnante dei pozzi: da quello appena sopra al Poggio, a quello al piano. Questo, che dicevano del gallo, c’è ancora, minuscola fontanina dove oggi si abbeverano cani, piccioni e gavettoni, all’apertura di piazza Sant’Agostino.
Subito a basso, la Loggia dei Banchi, il centro commerciale di quegli anni distanti. Lì si consumavano affari, nascevano amori, si spendevano sentimenti e si praticavano affetti fino quasi a dilapidarli. Nulla di inconsueto: succede così ovunque, in ogni crocicchio del pianeta degno di questo nome. Quella situazione chi l’immaginerebbe oggi? Gli è che la ristrutturazione imposta dal triennio del colera (dal 1884 all’86), ha portato via gli antichi colori. Non ne ha cancellato, però, la memoria che qualcuno, tramandando chi siamo stati, ancora coltiva per mantenere l’identità che, una volta che la si sia smarrita, si fa poi fatica a recuperarla. Ma non è che poi sia impresa tanto ardua: il tempo non lo si perde se lo si vuole veramente ritrovare. Basta che l’intenzione sia seria. Se veramente la è, puoi anche ritrovare delle nicchie ormai dimenticate che oggi sono delle chicche: per ripensare a ieri e per pensare a oggi.
Così, senza andare tanto lontano, ti imbatti in uno stretto budello, lungo circa 13 metri e per di più neppure molto pulito. Collega le vie Sapri ed Unione, e se la prima è nota, sapere dell’esistenza della seconda non è cosa da tutti. Siamo in una di quei luoghi che la ristrutturazione di fine Ottocento ha sconvolto, declassando, se non addirittura cancellando, aree dove lo struscio prima era di moda.
Quel bugigattolo di passaggio, oggi rettangolare, era un tempo una galleria con copertura a tutto tondo o, come dice chi ne sa, voltata a botte. Intitolato alla famiglia Cambiaso, lo dicevano, oltre che galleria, anche volta o volto. Arricchita da mensole e da cornici di arenaria; aveva un aspetto gradevole che attirava. Questo era il suo stato, anche se è difficile, vedendo l’attuale, credere il passato.
Vecia Speza: cerchiamo di non farla essere solo un bel ricordo e nulla più.