123 anni fa, or sono quattro giorni, scomparve Giulio Rezasco, uno Spezzino che ostentò sempre fieramente la sua spezzinità anche quando le circostanze della vita lo portarono a vivere in quel di Genova dove spirò ottantenne l’11 gennaio del 1894. Un commosso necrologio firmato da Ubaldo Mazzini ne ricorda l’opera un paio di settimane dopo la scomparsa, lamentando che già agli Spezzini del tempo il suo nome era sconosciuto. Ma penso che anche oggi, al di là della via che gli è intitolata, siano pochi a sapere chi fu.
Eppure, Rezasco fu tante cose. Acceso patriota nel 1848 quando la Lunigiana s’infiammò, subito dopo rappresentò per tre volte la Spezia alla Camera. Alla fine del terzo mandato, s’adoperò attivamente nel 1860 per propagandare il sì nel plebiscito che annetté la Toscana al Regno sardo, prossimo ormai a mutare nome e dimensione. Del nuovo Stato italiano che proprio allora prende vita, Rezasco, lasciata la vita politica, diventa un importante funzionario ricoprendo altissimi incarichi nel Ministero della Pubblica Istruzione che in quegli anni, chiamato a risolvere l’annoso problema dell’analfabetismo, era davvero cruciale per lo sviluppo della neonata Nazione.
Il Nostro ebbe svariati interessi. Fra questi, figura la ricerca sull’italiano che anche come lingua si andava evolvendo, specie in campo amministrativo. Della sua indagine l’opera maggiormente significativa fu un Dizionario che gli valse la chiamata nella Crusca che lo volle fra i suoi Accademici.
Morì a Bogliasco, dove da tempo si era stabilito, ma anche se stava all’ombra della Lanterna, non dimenticò mai la terra natale per definire la cui storia ogni tanto tirava fuori dal cassetto episodi poco noti, ma significativi.
Fra questi, c‘è la pubblicazione della lettera che l’Ammiraglio statunitense Stringham, comandante la squadra USA nel Mediterraneo che aveva stanza a Panigaglia, scrive esprimendo la sua opinione sulla congruità del Golfo ad essere sede di uno stabilimento della Marina. Correva l’anno 1852 e la questione Arsenale alla Spezia che avrebbe danneggiato gli interessi genovesi, era di stretta attualità. L’ufficiale americano è grande esperto del Mediterraneo e il marchese Doria gli scrive sollecitandone il parere. La risposta è inequivocabile: siamo in un porto naturale, c’è acqua, protezione dai venti, fondali appropriati. Insomma, il destino della Spezia era scritto nella sua natura.
È lettera importantissima che conosciamo grazie a Rezasco che la pubblicò divulgandola. Chissà, forse anche ai suoi tempo discutevano se l’Arsenale aveva distrutto altre ipotesi di crescita.
Una storia spezzina
Rezasco, patriota spezzino sconosciuto ai più
di Alberto Scaramuccia