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Una storia spezzina

Quei "cinque bastioni concentrici" del colle dei Capuccini

di Alberto Scaramuccia

La Marina della Spezia vista da Fossati

Ho ricordato più volte che fino all’autunno del 1927 la collina di Cristo Re era uno sperone di roccia che scendeva al mare. Però, non ho mai detto quale era l’aspetto del rilievo. Provvedo ora ché qualche aficionado mi ha garbatamente rimproverato per la dimenticanza.
Non conosco foto che ritraggano il colle, ma sono diversi i quadri di Agostino Fossati che ci lasciano la sua immagine da diverse prospettive, da piani di veduta differenti. Magari, è un particolare sullo sfondo che solo l’occhio di chi sa le dinamiche del territorio, riconosce e identifica in una gran macchia di verde scuro. È selva che degrada dolcemente alle onde, ombrosa di fitti alberi che non lasciano spazio veruno ad altra nuance, segno che la luce faticava a penetrare fra quei rami da tante che erano le foglie che li abbellivano.
Allora, per aiutare la nostra immaginazione a figurarsi l’immagine di quel boschetto, dà una mano una descrizione di metà Ottocento che ritroviamo in un testo, opera di tale De Bartolomeis, che parla degli Stati sardi di cui allora la Spezia faceva parte.
Di lassù, dice l’Autore, si gode una vista “magnifica ed imponente” che spazia lontano all’ultimo orizzonte; ma anche il colle è bello da vedersi, spettacolo che tutti ammirano. Sono “cinque bastioni concentrici” che scendono al lido, altrettante cornici che agli occhi di chi le poteva godere paiono gradinate sovrapposte le une alle altre. Le paragoneremmo oggi alle curve di un grande stadio, popolate, invece che da stuoli di tifosi, da una folla di alberi. C’erano i lecci sempreverdi e gli allori odorosi ed ai loro piedi un mare di agarici, i funghi dal cappello bianco che al solo vederli calava l’acquolina. Questa piccola jungla nostrana “vestiva le parti più dirupate” del colle; nei ripiani, maggiormente curati per la loro migliore accessibilità, albergavano “orticelli e giardinetti” in cui, immagino, il colore dei fiori s’alternava al profumo del coltivato da cui scendevi con un vialetto che si dipanava solitario e tortuoso “al basso verso la marina”.

Così finisce la rappresentazione del 1847 di cui non possediamo nessun’altra prova documentaria. Oggi, leggendo la descrizione di 170 anni fa, possiamo solo dare libero sfogo alla nostra fantasia per quell’immagine di paradiso perduto che ci viene fornita, e tirare due sospironi di rimpianto per una cosa nostra che non abbiamo più.
Infatti, già prima che il colle fosse abbattuto, ci pensarono i Savoia a far sloggiare i Cappuccini dal convento sulla vetta per farci una batteria. Poi il piccolo rilievo fu tagliato ché era anacronismo. Già, la modernità.