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Una storia spezzina

Mistero sulla posizione del primo arsenale

di Alberto Scaramuccia - L'arsenale dei Milanesi, 2

Import 2014

( …prosegue)

Agostino Falconi nel 1877 sostenne che gli Sforza, duchi di Milano e Signori in Liguria nel ‘400, eressero un arsenale in legno fra l’attuale piazza Sant’Agostino e la valletta della Vanicella, località allora lambite dal mare. Lì costruirono e tennero galee che un documento del 1539 definisce triremi.
L’affermazione di Falconi è stata ripresa da tutti gli studiosi di cose spezzine fino a quando, poco tempo fa Diego Del Prato, oggi Assessore alla Cultura, confutò questa tesi sulla base di nuovi documenti da lui reperiti ricercando negli archivi sforzeschi a Milano.
Dico subito che i testi, pur molto interessanti, non risolvono la questione.
Un documento è una lettera scritta al Duca da un suo incaricato. Questi dice che è in centro città entratovi da ovest e che l’arsenale è poco “lonze” (lontano). Poi fornisce delle coordinate in cui l’unica cosa certa è che un lato dell’impianto è rivolto verso Sarzana.
Se queste parole smontano la teoria di Falconi, non ci dicono però nulla sulla collocazione dello scalo.
Del Prato avanza l’ipotesi che questo fosse a Migliarina, ovviamente la parte a mare che oggi chiamiamo Canaletto, e rafforza la sua opinione osservando che le guardie al tempo godevano di due ore di riposo fra un turno e l’altro. Usufruendo di questo intervallo, le sentinelle in mezz’ora avrebbero potuto rientrare nel borgo murato per mangiare e riposarsi, impiegando uguale quantità di tempo per andare a riprendere il servizio.
Per verificare questa affermazione che non mi ha mai convinto, mi sono cronometrato per calcolare il tempo per andare da un amico che abita in viale San Bartolomeo all’angolo con Corso Nazionale partendo da Piazzetta del Bastione dov’era la porta occidentale della Spezia murata.
Ci vado spesso: con passo svelto, facilitato dalle vie e fermato dai semafori, per quel tragitto impiego circa 30 minuti. Tuttavia, al tempo che ci interessa la collina dei Cappuccini (ma Del Prato la dimentica) scendeva fino alla linea del mare. La piccola altura era una quinta naturale che separava la Città dalla sua parte orientale, da Migliarina. Per superare il rilievo, lo si doveva scollinare e la cosa non era affatto agevole dato che solo alla fine del ‘600 si fece la strada litoranea per aggirarla.
Il ricercatore non tiene presente la morfologia del territorio quale era al tempo, e ciò inficia le sue conclusioni. È un peccato perché, ripeto, i documenti ritrovati sono interessanti ed aprono scenari che intrigano.
Se quello di Del Prato è un infortunio, la cosa che più stupisce è che finora non se ne sia accorto nessuno e che a quella tesi si sia accordata una stima che non pare proprio giustificata.
Ma, alla fine, dov’era l’Arsenale? Dato che nessun documento finora reperito lo dice con chiarezza, resta un giallo, così come quello delle navi lì costruite e tenute: erano triremi come dice l’antico documento o galee a due remi come pare sostenere lo studioso?
Un altro piccolo problema di cui nessuno pare si sia mai accorto.

(Fine)