In Santa Maria, a sinistra entrando, spicca una grande pala d’altare che brilla per colori e luminosità nell’atmosfera crepuscolare e sommessa dell’antica chiesa. È l’ancona in terra cotta invetriata di scuola Della Robbia, fatta per il grande complesso francescano che era nel canalone di Fabiano. Lì rimase fino al 1863 quando, con l’arrivo dell’Arsenale, la grande pala finì a Genova.
Protestò la città e il sindaco Berzolese chiese il ritorno del capolavoro. Superata la resistenza della Lanterna, nell’agosto 1904 la preziosa tavola è riportata a casa. Era divisa in 41 pezzi dentro 12 casse riempite da trucioli e segatura ché i preziosi cimeli, quasi reliquie, non soffrissero nel trasporto. Giunti intatti, sono sistemati in Santa Maria con un’attenta ricostruzione guidata da Ubaldo Mazzini con Felice Del Santo, il pittore, e Angelo Del Santo, lo scultore.
Ci fu anche qualche polemichetta che indispettì non poco il grande Ubaldo che a difesa delle proprie virtù pubblicò sul Corriere della Spezia del 24 settembre del lontano 1904 il processo verbale delle operazioni effettuate, controfirmato dall’Ispettore dei Monumenti. Da quel documento attingiamo le notizie sulla rimessa in opera dell’antica pala.
Per il lavoro durato dal 20 agosto al 3 settembre, gli esperti si avvalsero di un operaio, tale Carraresi, per le opere murarie. Non fu cosa semplice perché l’opera aveva già subito in precedenza dei danneggiamenti a cui si era cercato di porre riparo con precedenti interventi di restauro invasivi che avevano modificato l’assetto originale della pala. In specie dove si erano verificate rotture o scheggiature, avevano ricoperto il tutto con uno spesso strato di colore e vernice che alla fine aveva coperto l’ancona.
Per questo, la maggior parte del lavoro svolto dall’Ubaldo e soci era consistito nel togliere quello strato di vernice e colore per riportare alla luce la vetrina originale della tavola. Ben dieci giorni erano stati spesi per portare a termine l’operazione, al cui termine i vari pezzi erano stati murati con grappe di bronzo perché quelle di ferro precedentemente usate avevano causato rotture e incrinature.
Infine, le fughe fra le varie parti vennero colmate con gesso scagliola, mentre l’originale predella andata persa fu sostituita da una base di marmo.
Possono sembrare notizie noiose, ma sono l’unico documento che resta di quella operazione. L’originale, custodito negli uffici P.I. del Municipio, credo sia andato perso nei bombardamenti, Fortuna che si conservano in rete gli antichi periodici, archivio che non possiamo permetterci di sottovalutare.
Una storia spezzina
Mazzini, la ricollocazione dell’ancona e le polemiche
di Alberto Scaramuccia