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Una storia spezzina

Mazzini e il colpo di mano sull’Arsenale

di Alberto Scaramuccia

La convocazione di una riunione dell'Universale

Nella Spezia postarsenalizia Giuseppe Mazzini gode di grande popolarità: le Società di Mutuo Soccorso si ispirano alle sue idee, a sinistra il primo partito a nascere è il repubblicano, quasi tutta la stampa locale continua per decenni a ricordarne la data della morte: X (scritto sempre con il numero romano) marzo 1872. Inoltre, Ubaldo Mazzini sul Corriere della Spezia del 24 giugno 1905 commemora anche il centenario della nascita pubblicando documenti allora inediti.
Mazzini riteneva che alla Spezia potesse riuscire un tentativo insurrezionale e preparava tutto con cura: sfruttando il malcontento per la tassa sul macinato, il grano, che riduceva i consumi alimentari, voleva inserire la Spezia in un moto di carattere nazionale. Il progetto fallì; Mazzini fu arrestato ed imprigionato a Gaeta, per essere poi amnistiato con suo grande disappunto dopo Porta Pia.
Sul fatto il periodico spezzino pubblica la relazione di Francesco Zannoni (il mazziniano futuro fondatore del Selene) che ricorda come, essendo allora la difesa della piazzaforte “limitatissima”, era possibile un blitz per appropriarsi delle armi custodite nelle caserme ed impadronirsi di qualche legno da guerra. I repubblicani contavano su un centinaio di uomini pronti che sarebbero stati coadiuvati al momento buono da militari e arsenalotti conquistati dalla propaganda mazziniana. Altri nuclei disposti vicino alla città e alla ferrovia per la Toscana, sarebbero intervenuti “pel colpo di mano sull’Arsenale”. Tutto fallì, ma s’era intessuta una bella rete cospirativa.
A comprendere il perché del fascino che Mazzini esercitava, ci aiuta una lettera, pubblicata pure questa in quella copia del Corriere, che il 22 ottobre 1869 il patriota indirizza agli aderenti all’appena costituita Associazione operaia L’Universale.
Giuseppe dice di capire e di condividere la loro profonda insoddisfazione per una “rivoluzione” (cioè, il processo risorgimentale) che non aveva innalzato di un punto la parte di popolo che era maggiormente colpito dalla disuguaglianza sociale, ma li esortava al contempo a considerare che la questione istituzionale al momento era obiettivo, più che prioritario, imprescindibile.
Del resto, questa era la somma del pensiero mazziniano. La ritroviamo anche dopo quel X Marzo nei suoi seguaci che sono alla guida del movimento progressista spezzino. Affermeranno sempre che solo con la risoluzione della questione politica, cioè il raggiungimento dell’unità repubblicana, si sarebbe poi potuta affrontare la questione sociale. Seguendo Mazzini, risolvevano il contrasto fra capitale e lavoro nella sintesi della Patria. Era perciò logico che il nascente proletariato provasse maggiore simpatia per le idee di chi (ed erano già tanti) poneva il problema dell’emancipazione sociale suggerendo strategie e, soprattutto, tempistiche differenti.
Tutto questo contribuisce a spiegare la contraddizione fra il pensiero che suscitava un fascino che però non riusciva a portare all’azione chi ne veniva sedotto.