Dove via Biassa incrocia via Colombo, sul muro nero di BankItalia una targa ricorda che lì s’apriva nel circuito murario dell’antica città, la porta dei Biassa, la ricca famiglia che nella via aveva le case.
Quando ci passo, lancio gli occhi verso l’ultimo orizzonte, ma il mio guardo è escluso dal muro di cinta dell’Arsenale. Quando però quella siepe non era ancora stata eretta, la vista spaziava su terra seminata ed ubertosa dove c’era tanta l’acqua: ma dolce, non salsa. Quella sarebbe arrivata dopo quando per un colpo d’ascia ben assestato saltò la tura che sbarrava l’accesso alle onde del Golfo e il mare, non più trattenuto, s’impadronì impetuoso dell’invaso creato dai cavafanghi, le ruspe dell’epoca, e dall’opera sudata di vanga e pala.
Prima vedevi solo terraferma quando si usciva dalla porta che gli antenati chiamavano anche della fontana per quella lì presso, ma pure dell’ospedale.
Delle denominazioni non so dire quale sia la più datata, ma l’ospedale, uno dei nomi, lo si fece nel 1480 quando Spedia era già diventata autonoma e produttiva.
Davanti alla targa, circa dov’è oggi lo stabile al civico 23, c’era un oratorio nei cui locali si realizzò il primo nosocomio cittadino. Il presidio religioso era intitolato a Sant’Andrea, nome che passa alla porta ed all’ospedale che se lo porta dietro nelle sue due successive collocazioni. Infatti, la struttura di via Biassa dopo un onorevole servizio di oltre tre secoli, dal 1804 viene trasferito nel convento dei Padri Minimi Riformati di San Francesco di Paola, Paolotti, per far prima.
Il cenobio fu eretto nel 1616 fuori delle mura. Tre botteghe con annesso retro davano sulla pubblica via, mentre sotto trovavi le cantine con un vano. Di sopra, c’erano 6 stanze e al primo piano 13 camerette s’affacciavano su un corridoio con vestibolo, un refettorio ed altri due piccoli vani.
Come altri, anche il convento dei Minimi fu convertito dalla tempesta giacobina al civile.
Gli altri conventi divennero scuole o caserme; dai Paolotti si portò l’ospedale ormai inadeguato nell’altra sede e lì rimase fino a che non si costruì quello di San Cipriano inaugurato nel 1914.
Quando il servizio sanitario trasloca nella nuova location, i Paolotti servirono per più usi, ospitando anche la Pretura e poi l’Assessorato al welfare del Comune. Ma la struttura, mal tenuta e mai manotenuta, si degradava sempre più. La si restaurò completamente una quindicina d’anni fa.
Oggi è l’elegante edificio del Lia: uno degli appuntamenti più prestigiosi per chi viene da fuori, ma anche un luogo di memorie che gli Spezzini dovrebbero meglio conoscere.
Una storia spezzina
Le peripezie dell’ospedale spezzino
di Alberto Scaramuccia