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Una storia spezzina

Le misteriose colonnine di Vernazza

di Alberto Scaramuccia

Colonnine Vernazza

Come ogni anno, anche quest’estate sono andato alle Cinque Terre. È un pellegrinaggio che compio ormai da quando ancora solo adolescente mi arroventavo la pelle sui massi portati a Manaea per proteggere la ferrovia, troppo litoranea per essere lasciata indifesa.
Là vado sempre volentieri me che a son de scogio, perché quando bevo il sale di quell’acqua, ritrovo un compagno d’infanzia. Poi, anche se può sembrare una frase fatta, ogni volta incontro qualche cosa che imprigiona la mia attenzione quasi fosse novità. Invece, è cosa vista e rivista, ma che prima non avevo guardato.

A metà agosto, il giorno che il vento sollevava cavalloni, giravamo per Vernazza e, dopo il puntuale saluto alla chiesa sempre fascinosa di Santa Margherita sul mare, girellavamo proprio lì davanti, dalla parte opposta, camminando lungo il carugetto che le onde annacquano quando si arrabbiano.
Bene, quasi all’inizio della viuzza c’è una boutique, forse una volta ricovero di un gozzo (à ce propos, un’ipotesi sul nome Vernazza vuole che significhi scalo buono per l’inverno). Ai due lati del negozio, due pertugeti scavati nel muro ché sole e aria entrino con l’aroma del mare che sta davanti. Ad arricchirli, ecco che cosa m’incuriosisce.
L’apertura a destra è percorsa nel mezzo da una colonnina il cui fusto è composto da due elementi assottigliati dove si uniscono. Il superiore è stato limato anche alla sua sommità per incastrarvi il capitello che riecheggia con lodevole approssimazione il corinzio. Il tronco inferiore, troppo lungo, rompe il lato basso della cornice per conficcarvisi dentro. Così è creata la biforetta.
L’altra finestrella, più ambiziosa, vuole essere trifora perché di colonnine ce n’è una coppia. I capitelli, nell’identico stile del collega dell’altro lato hanno pur essi i pilastrini cementati. Uno di questi, quello verso monte, essendo troppo più corto, non poggia sul basamento dell’apertura, ma su un’arenaria cementata a bella posta lì per pareggiare la differenza della statura di questa coppia di piccoli gnomi.

Non penso che tutte le colonnine siano state fatte appositamente, ma non so assolutamente come siano arrivate fino alla quarta terra. Posso solamente far lavorare la fantasia che partorisce belle idee troppo sovente infondate. Però, se si dice in anticipo che di invenzione si tratta e non c’è niuna pretesa di scientificità, beh, si può pensare che le colonne siano frutto di scorreria riuscita in terra ostile. Ma nulla toglie a che, oltre ad abbellire, servissero a impedire l’accesso a mani troppo vogliose di ghermire roba altrui: i pirati venivano dal mare.