Chi vanta qualche anno lo ricorda, ma i più giovani forse non sanno che i tempi che vivevamo 40 anni fa furono detti di piombo per stragi, sparatorie, gambizzazioni e morti che tingevano di drammatico la vita quotidiana. Modalità diverse, motivazioni differenti, ma, per capirci, qualche cosa di simile all’odierno terrorismo.
Quello nostrano, di quegli anni turbolenti in cui instabilità politica, crescente disoccupazione, primi sintomi di questione morale costituirono un mix esplosivo, venne sconfitto dalla mobilitazione popolare che si ribellò ad un tale progetto politico contrastandolo con forza. Al successo concorsero anche iniziative politiche volte a togliere l’acqua in cui il pesce nuotava, diminuendo, cioè, le aree di consenso al terrorismo rosso e nero che nella precarietà dell’esistenza avrebbe pescato con maggiore facilità.
Nel 1977 il Governo in carica (presieduto da Andreotti, lo si definì di solidarietà nazionale perché sorretto in qualche modo da quasi tutti i partiti politici) varò la legge 285 sull’occupazione giovanile che prevedeva l’intervento di tutte le istituzioni per assumere chi era senza lavoro.
Allora si fece la fila all’Ufficio di collocamento spezzino che era sul colle di Cristo Re, per iscriversi nelle apposite liste.
Furono così tanti gli Spezzini assunti, praticamente chiunque avesse fatto richiesta. Il Comune, retto allora dal Sindaco Giacché, decise di ristrutturare l’area abbandonata della Maggiolina, la zone dell’antico dancing dove la meglio gioventù aveva consumato i suoi primi peccati, per farne, con la Beghi e tutto il resto, il bel parco che abbiamo oggi. Per contribuire a realizzarlo, il 2 novembre ’78 furono assunte, grazie a quella legge, 17 giovani donne con un contratto di precariato che una legge dello Stato poi convertì a tempo indeterminato.
L’assunzione delle giardiniere suscitò scalpore e Filippo Paganini, giovane giornalista destinato ad una brillante carriera, scrisse che i mariti delle ragazze erano soprattutto preoccupati che a forza di maneggiare vanghe e zappe, avrebbero ricevuto carezze da mani callose.
Insomma, si salvò la situazione italiana aumentando nel Paese i posti pubblici. Certo, crebbe il debito dello Stato di cui oggi risentiamo le conseguenze ed è legittimo chiedersi se ne valse la pena. Io penso di sì e sono convinto che il Governo della solidarietà fosse al tempo l’unica strada percorribile. Non è obbligatorio consentire, sicuramente si può obiettare che si sarebbe potuta trovare una soluzione più avanzata.
Ricordo solo che nel ’44 a Salerno si accettò la monarchia.
Una storia spezzina
Le mani callose delle precarie del ’78
di Alberto Scaramuccia