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Come detto nei numeri precedenti, nel territorio erano tante le sorgive: assicuravano l’approvvigionamento idrico e ad alcune si attribuivano virtù miracolose, quasi taumaturgiche. Si trovavano anche al di fuori del ristretto giro murato che chiudeva la città prima che l’Arsenale la dilatasse.
L’acqua è l’origine della vita, l’elemento senza il quale non c’è la possibilità dell’esistenza. Il mito lo tramanda nella sua forma che ammanta la realtà di una copertura favolosa, ma che cosa sono le storie di Mosè salvato dalle acque, o di Romolo e Remo abbandonati alla corrente, o ancora di Sargon, leggendario re di Babilonia cui toccò uguale sorte, se non la conferma che l’uomo ha sempre avuto la consapevolezza dell’importanza dell’acqua, in cui ognuno di noi è conservato per nove mesi. Che poi in diverse parti del mondo sorgessero identici racconti, è ulteriore tassello che avalla l’affermazione.
Nulla di strano, perciò, se nello Spezzino si manifestino apparizioni miracolose legate all’acqua.
Nel ‘500 la Vergine compare ad una contadinella che Ne impetra l’intervento per scongiurare il contagio della peste. Ciò avviene al Mulinello, località sempre celebrata per le sue acque lustrali, fede che muta forma, non sostanza.
Non pochi decenni dopo si prega perché in un luogo arrivi l’acqua che fa difetto. Scaturisce all’improvviso e il posto è subito detto acqua santa servadega e noi chiamiamo Acquasanta la frazione presso Marola bagnata dal torrente Caporacca.
A San Bartolomeo le acque salutari che lì scaturivano per poi riversarsi in mare dove tutti si bagnavano per godere dei loro benefici effetti, avevano anche sviluppato uno spitale dal nome quanto mai enigmatico e tuttora misterioso: de centum clavibus. Per l’assonanza con l’italiano, la formula latina è spesso resa erroneamente con cento chiavi dimenticando che clavus nella lingua degli antichi padri significa chiodo e che da lì deriva il verbo chiavare. Oggi espressione non per educande ad indicare il rapporto sessuale, nell’italiano del ‘200 voleva dire inchiodare, così che la Madonna nella lauda di Jacopone da Todi che Ne narra il pianto, versa lacrime per il Figlio chiavato sulla croce.
Sulla sorgiva fecero poi lo stabilimento della Marina. La fonte fu coperta, ma continua a versare acqua dolce. Dubito però che oggi ci siano volenterosi pronti a tuffarsi nei flutti di quel mare che invece di indurre effetti benefici all’organismo, può produrre, temo, solo macchie di catrame. Sarebbe bello, però, che la presenza dell’antico spitale venisse ricordata, anche perché a Mariperman c’è un’altra memoria storica. L’impianto nel 1922 venne “bombardato” da massi per l’esplosione di Falconara (ricordate? ne dissi poco tempo fa). Ebbene, uno di questi, del peso di più o meno mezzo quintale, proiettato all’interno del Comprensorio di Mariperman, vi è tuttora “custodito” vicino ad una vasca tonda, oggi deserta dai pesci rossi che accoglieva un tempo, davanti a Porta Orologio, sopra un un basamento di mattoni.