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Una storia spezzina

La rivolta dei fornai e il panificio comunale

di Alberto Scaramuccia - Spezia nella grande guerra, 4

Pane cotto nel forno a legna

(…prosegue)

Come si diceva nella scorsa puntata, la guerra da cui siamo ancora fuori, fa subito lievitare il costo della vita. È una cosa fisiologica che ha tante causali che scatenano l’aumento dei prezzi, in primis la paura che il conflitto blocchi la produzione, che per la guerra si chiudano i mercati. L’Italia s’è dichiarata neutrale e la sua posizione comporta che limiti le relazioni commerciali con le nazioni belligeranti: non compra, ma soprattutto non vende la sua produzione, soprattutto agricola. Per questo, presso le testate spezzine che con maggiore facilità spezzano le loro lance per Francia e Inghilterra, desterà molto scalpore la notizia che non pochi agenti tedeschi percorrono la Penisola facendo incetta di derrate alimentari. Poi, com’è ovvio, non va dimenticata la speculazione che sempre approfitta delle situazioni per aumentare i costi delle merci. La preoccupazione maggiore è subito, come ovvio, per i generi di prima necessità, alimentari in testa. Intervenire al proposito è dovere istituzionale e il Comune promulga subito un calmiere per contenere i prezzi. La materia prima che soprattutto interessa e che maggiormente viene tutelata, è la farina ed il suo prodotto principale: il pane che al tempo costituiva l’alimento base di ogni tavola.
Il calmiere che l’Amministrazione subito introduce, fissa il prezzo massimo sia per il pane di pezzatura grossa, che per quello di stazza inferiore. Inoltre, acquista sul mercato un ingente quantitativo di farina che raffreddi il mercato in ebollizione. È regola fissa che ad ogni provvedimento ai contenti per l’adozione, si opponga chi non ne è soddisfatto. Così molti fornai chiudono la loro attività provocando una disputa che rimbalza sulle pagine dei giornali. Mentre la serrata è criticata dalla stampa che appoggia la Giunta in carica (un centro sinistra un po’ annacquato, diremmo oggi), quella moderata riporta che i fornai per il pane di maggior costo vogliono solo produrne di peso maggiore da quanto stabilito sì da guadagnare dal maggior peso dei filoni. Inoltre, siccome vendono anche ai dettaglianti cui praticano ovviamente prezzi inferiori per consentire anche ai commercianti il guadagno, il loro ricavo si assottiglia. Nel frattempo il Comune d’accordo con la Camera del Lavoro rileva un forno chiuso per produrre pane da vendere a prezzo calmierato utilizzando apprendisti iscritti al sindacato. Insomma, è una situazione, se non pasticciata, almeno confusa. Il blocco degli Stretti che viene attuato dalla Turchia non appena entra in guerra, complica la situazione.
Rincara il gas perché aumenta il carbone necessario per produrlo e gli affitti risentono della corsa al rialzo che fa decollare il costo della vita. Chi proprio non ce la fa a reggere la curva dei prezzi, è il lavoro salariato che oltretutto è danneggiato dalla diminuzione dei posti di lavoro perché la guerra influisce pesantemente anche sull’occupazione.
Sono problemi, come si vede, non da poco che esamineremo nelle puntate successive.

(continua…)