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Una storia spezzina

La guerra che sui giornali scoppia all’improvviso

di Alberto Scaramuccia

Prima Guerra Mondiale

Alla fine di questo mese di aprile, 100 anni fa, l’Italia, dopo aver tentato inutilmente accordi con l’Austria, firma a Londra il patto che la impegna a scendere in guerra con Inghilterra e Francia entro pochi giorni. Il trattato è segreto, ma qualcosa trapela e arriva anche sulle sponde del Golfo dove la stampa divulga la notizia anche se in maniera molto sobria ed accorta. Così i lettori spezzini vengono informati del tutto, anche se in forma abbastanza indiretta. Fa effetto rileggere oggi i periodici di un secolo fa; figurarsi a quei tempi quando la notizia era comprensibilmente più che calda.
Il più autorevole settimanale locale era senza dubbio il “Corriere della Spezia” che mai però aveva affrontato il tema guerra. Se n’era tenuto discretamente distante, preferendo parlare di politica nostrana, delle beghe interne all’Amministrazione Comunale o del porto che andava potenziato per reggere all’impegno crescente, o del potenziamento della rete ferroviaria indispensabile per lo sviluppo dello scalo.
Poi, apri il numero del 17 e nella cronaca cittadina che è in seconda pagina, ti trovi tutto ad un tratto la notizia che s’è formato un Sottocomitato femminile per trovare donne che rimpiazzino gli uomini dovessero eventualmente andare al fronte: uffici, agricoltura, industria, commercio, le si cercano per ogni attività. Poi, di seguito, leggi che il direttore delle scuole comunali invita i docenti a far raccogliere indumenti per i soldati che le bimbe più grandi prepareranno a scuola. Siccome poi si prevede che molti insegnanti andranno al fronte o come soldato o come crocerossine, è bene che quelli che rimangono dicano se sono disposti a fare ore in più, naturalmente senza compenso. È una bomba, peggio che uno tsunami. Ma come? Della guerra non s’era finora detto per nulla e adesso ti dicono che sei lì lì per andare a combattere! Ma non è solo il “Corriere”. Apri un altro foglio e trovi la notizia che la Marina arruola proprietari di motoscafi perché non si sa mai, e la Croce Rossa accoglie i conducenti di automobili con le loro vetture per essere pronti ad ogni evenienza.
Poi, ogni tanto, nell’articolo che vuole essere comunque asettico, ci mettono la frasetta che ti fa capire in che razza di pasticcio si vanno impelagando. Così, sul numero del 24, l’editoriale, che recensisce un libro che parla del 1866, Terza Guerra d’Indipendenza, finisce dicendo che bisogna terminare l’opera così miseramente lasciata in tronco e che se la diplomazia non ce la fa, ci penserà la spada a tagliare i nodi: più chiaro di così! Ma dove s’è mai visto che un editoriale sia la recensione di un libro se non in casi eccezionali? Quel momento lo si sta vivendo e il lettore che non sapeva o s’illudeva di non sapere, è precipitato all’improvviso nella realtà.
Questo vale per tutti i settimanali che uscivano allora alla Spezia meno che per quello anarchico che continua a non vedere e sul molto triste avvenire che s’annuncia, non si pronuncia proprio per niente.

PS: la situazione on città un secolo fa, la leggete in “Spezia 1915” che presento sabato prossimo al Centro Allende alle 17.30. Vi aspetto.