Dunque, Caterina de’ Medici, riposando una notte in riva al Golfo nel viaggio intrapreso per andare a sposarsi a Parigi, fu una degli ospiti illustri dell’antica Spedia.
Devo dire che Caterina è una figura che m’affascina: giovinetta va in una patria nuova ignorando che per i giochi del caso, ne sarebbe stata poi la guida. Si trasferisce a Parigi portando con sé la sua piccola corte. Fra gli altri componenti, troviamo anche Renato Bianco: era il suo profumiere di fiducia, ma era anche oltremodo abile nel confezionare sostanze letali. Fu così che qualche anno dopo l’ormai René le Florentin preparò per la sua regina un veleno che avrebbe spalmato sulle pagine di un libro. Chi l’avesse sfogliato inumidendosi la punta delle dita, sarebbe in breve perito fra i più atroci spasmi. Lo scrive ne “La Reine Margot”, romanzo del 1845, Alexandre Dumas père e chi pensa che ne “Il nome della Rosa” Umberto Eco fu maestro nell’arte del copia/incolla, è accontentato.
Ma non divago oltre.
Nella puntata odierna della rubrica, diciamo di un altro nome illustre che qua riposò otto anni dopo Caterina. Come lei fu ospite della famiglia Biassa che l’accolse nel grande palazzo che oggi è sede centrale della Carispe, e dove aveva riposato Papa Paolo III, altro gran nome, tre anni prima.
Lei, giovinetta di non eccelsa nobiltà, fa accolta da Baldassarre, ammiraglio pontificio; lui, Imperatore di un impero su cui mai calava il sole ché andava dal Vecchio Continente al Nuovo Mondo, fu accolto da Giobatta, figlio di Baldassarre. Diverso fu anche il motivo della sosta: lei fa tappa per Parigi; lui arriva da Lucca e parte la mattina seguente con una flotta enorme per andare ad espugnare le terre dei Barbareschi.
Era martedì 18 ottobre 1541 (474 anni fa esatti) quando si sciolgono le vele delle navi che avevano gettato le ancore davanti al Cavo di Ferrara (Cristo Re), un tratto di mare, dicono le cronache, molto profondo. Era una manovra combinata fra più marinerie, alleate per l’occasione.
Carlo sale su una ricca galea di trenta banchi, attorniato dalle ammiraglie di Malta, Napoli, Genova, Sicilia e del Papa. Dopo tre giorni si trovano davanti a Algeri, il covo dei pirati. Si dispongono in tre linee: settanta galee nella prima con al centro la Capitana di Carlo e le Ammiraglie; nella seconda trecento navi da carico con soldati, artiglierie e munizioni; nella terza altrettante navi minori che imbarcano trentamila uomini pronti allo sbarco.
Ebbene, tutta questa flotta, eccetto diciotto galee spagnole che con relative navi da carico partirono dalle Baleari, si concentrò per la partenza proprio nel Golfo, e ciò la dice lunga sia sulla sua capacità ricettiva, sia sulla fama che per tali doti deteneva. L’ospitare flotte la Spezia lo portava scritto sul suo DNA.
Per la cronaca, la flotta al cui comando stava il settantacinquenne Andrea Doria che peraltro aveva sconsigliato la spedizione, non riuscì nell’impresa: prima che i pirati, a debellarla furono mare grosso e tempo avverso.
Una storia spezzina
La flotta di Carlo V riunita nel Golfo di Spedia
di Alberto Scaramuccia