LA REDAZIONE
Scrivici
PUBBLICITÀ
Richiedi contatto

Una storia spezzina

La Spezia: Annie, Carducci e lo sfidante

di Alberto Scaramuccia - Annie e Giosuè, 2

Giosuè Carducci

(…prosegue) Nel marzo 1890 Carducci dopo una settimana lascia la Spezia per impegni a Roma. Si ferma solo a Pietrasanta dove una folla plaudente lo osanna. Si accorgerà però, quando risale in treno, che nella ressa gli hanno sfilato la spilla ferma-cravatta regalo della moglie Elvira. È la celebrità, bellezza, direbbe Bogie, e Giosuè, se mai non l’avesse ancora capito, si rende conto che non ci si può far niente contro.
Lui parte; lei, Annie Vivanti poetessa rampante, resta alla Spezia per tre mesi. La stampa si occupa della donna in un’unica occasione, così che non siamo informati sulla sua attività. Resta traccia del suo passaggio in una lirica in cui descrive una gita in barca dove alla bellezza della natura si oppone la cruda realtà del “cannone da cento” tonnellate che si collaudava al balipedio di San Bartolomeo. La poesia, sono sincero, non mi pare tale da comparire nelle antologie. Forse Annie, che poi era il diminutivo di Anita, riusciva meglio scrivendo in inglese, altra sua lingua madre. Forse è per questo che la donna occupa più spazio nei manuali di letteratura americana che in quelli dedicati alle patrie lettere.

In quel testo, però, c’è un verso che intriga: lei dice di remare mentre “il suo giovane amante” la guarda silenzioso.
Nelle relazioni interpersonali Annie, come già accennato, era abbastanza disinvolta e presto, dopo la partenza di Giosuè, trova uno spasimante che non ci mette nulla per scaldarsi per lei anche perché di cognome fa Caldi, battezzato Giuseppe. È un professore e, per quanto ho compreso, perde proprio la testa per lei che, al contrario, sembra essere di indole volubile.

Così, quando Annie tronca la liaison, l’innamorato abbandonato reagisce denigrando sulla stampa la donna la cui parti sono prese con molta energia dal fratello Italo (dai nomi dei figli si capisce bene il patriottismo del padre) che sfida a singolar tenzone Caldi. Questi, adducendo motivi di ordine militare, rifiuta lo scontro e, siccome il codice appena riformato da Zanardelli inaspriva le multe per chi provocava o incitava al duello, denuncia lo sfidante, i suoi padrini e anche Carducci, accusato di avere “eccitato” Italo a gettare il guanto. La questione, ce lo dice il Secolo XIX del 2 settembre 1890, finisce sul tavolo del pretore di Sarzana che il successivo 9 dicembre (o tempi beati che conoscevate con le mezze stagioni anche una giustizia celere!) emette la sentenza: assolto Italo perché provocato da “gravi insulti e onta grave”; multati i padrini; assolto Carducci. Insomma, commenta l’indecifrabile Modestino sul La Spezia del 13 dicembre, c’erano tutte le premesse del dramma, ma il proverbiale monte dell’adagio aveva partorito solo l’altrettanto famoso topolino. Il foglio, però, nel precedente giugno aveva pubblicato una poesia di Annie di cui alcuni versi sono proprio sintomatici: “Amar stasera ed obliar domani – ecco il mio fato”. È lei a dire di essere mobile quale la famosa piuma al vento: Caldi, tu l’avessi letto, ma quante meno pene!