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Una storia spezzina

L’aborto del primo foglio informativo locale

di Alberto Scaramuccia - Giornalismo spezzino, 2

Una foto d'epoca della Spezia

Il primo giornale spezzino risale al 1865, ma qualcuno ci aveva già provato prima. Lo dice Ubaldo Mazzini in un articolo de Il Tirreno del novembre 1920, ricordando che nel febbraio 1861 a Agostino Falconi, primo storico spezzino moderno, venne questa idea. Allora quarantacinquenne, pensò di dare vita ad un “giornale politico” dal nome di “Gazzetta di Spezia” con uscita bisettimanale. Per risolvere il problema dei costi, chiede all’Autorità che la Gazzetta sia considerata Foglio Ufficiale del Circondario e del Dipartimento al fine di usufruire dei contributi governativi “per l’inserzione dei bandi venali e degli atti giudiziari”. Invia al Sottoprefetto Intendente Gerenzani che è favorevole al progetto e con cui è d’accordo, una richiesta ufficiale in cui illustra le caratteristiche del foglio cui intende dare luce: raccoglierebbe notizie dai dispacci telegrafici provenienti da Parigi e da altri centri; direbbe dei fatti principali fatti italiani; soprattutto, si occuperebbe di ricostruire per gli Spezzini la storia del loro territorio. Agostino, evidentemente, è convinto che a chi vive un luogo, serve la conoscenza della terra che abita.
Corredata da ottime informazioni, la richiesta è inoltrata al Governatore della Provincia, ma questi non si lascia intenerire e cassa il progetto per motivi burocratico-legali. Cioè, il borsellino non si apre.
Così, quello di Falconi diventa un “Giornale abortito” (è il titolo del pezzo di Mazzini) a dimostrazione che i conti s’hanno sempre da fare con l’oste che nel caso sono le casse dello Stato.
Mazzini scrive quest’articolo per ricostruire un tassello della nostra storia fino ad allora ignorato, ma è soprattutto il pretesto per ricordare Falconi scomparso nel 1882 a sessantasei anni “per un’indigestione di ceci”.
Parlando dell’Agostino, l’Ubaldo ha un tono commosso, anche quando ne rileva i limiti metodologici che avevano condizionato la sua indagine storica.
Falconi, marolino, era “proprietario e conduttore di cave di marmi colorati” che però non gli rendevano abbastanza dato che “il suo borsellino era striminzito”. Forse, più che l’imprenditore, gli piaceva l’attività letteraria per cui spesso aveva fatto “gemere i torchi co’ suoi sospiri di Parnaso”. Partecipava all’Arcadia con il nome di Eucrate Duseo, ma dalla sua “produzione versaiola non rimane viva che una garbata canzonetta scritto nel dialetto di Marola”. Nelle lettere gli facevano difetto “le ali per volare”; ottenne risultati molto migliori con le sue indagini storiche che rivelano il grande amore “per il natio loco”, un affetto che colma un po’ le carenze nella preparazione ed una certa qual “presunzioncella”, due caratteristiche che lo inducevano anche all’errore. Non è un un giudizio positivo, ma Mazzini ritiene Falconi importante per avere suscitato in tanti che ancora lo leggevano, “il diletto per le patrie antichità”.
Viene da chiedersi quanti provino ancora questo diletto data la mancanza al proposito di opportune iniziative istituzionali.