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Una storia spezzina

I riflessi della Grande Storia

di Alberto Scaramuccia - Spezia nella grande guerra, 8

Roma, 11/4/1915: Benito Mussolini viene arrestato dopo un acceso comizio interventista

(…prosegue)

Con questa puntata della rubrica termino l’analisi sul crescente sentimento interventista allargando lo sguardo alla prospettiva nazionale. Non abbandono lo spirito della pagina; intendo solo fornire uno strumento per meglio comprendere che cosa accade a casa nostra.
La possibilità dell’intervento era una questione che squassava la sinistra europea. Mussolini, è noto, rompe il fronte neutralista con il celebre articolo del 18 ottobre che attira l’attenzione di molti nella sinistra socialista, rivoluzionaria ed intransigente, dove i giovani erano gran parte. Fra chi guarda al futuro Duce come leader, ci sono i prossimi fondatori e segretari del PcdI: il ventitreenne Gramsci e il di poco più anziano Bordiga, né si dimentichi l’appena maggiorenne Togliatti.
La questione dell’intervento era tematica che correva inquietante per tutta la sinistra europea, scatenata dall’atteggiamento fortemente aggressivo della Germania che prende in fretta il posto dell’Austria-Ungheria come bersaglio primario di chi vuole l’entrata in guerra.
In effetti, soprattutto la violenza esercitata contro il Belgio neutrale e la sua popolazione civile suscita allarmanti problemi che non riguardano soltanto il rispetto dei trattati firmati e dei diritti umani, ma pongono anche, e soprattutto, questioni di agibilità politica. Nel caso di invasione del territorio nazionale, la sua difesa non è solo un fatto di terre irredente o di patriottismo (sentimenti diffusi fra repubblicani, nazionalisti, cattolici), ma è anche il mantenimento delle libertà civili: pensiero, stampa, espressione, associazione. La monarchia in qualche misura le garantiva, ma un esercito aggressore le avrebbe immediatamente spazzate via. Ecco perché tanti neutralisti a poco a poco mutano idea. Sono nomi illustri: dai vecchi comunardi Vaillant e Cipriani al libertario Kropotkin, dall’internazionalista Hervé a figure di spicco del movimento progressista che mutano casacca.
L’impressione che ho sempre avuto, è che la fine dell’Internazionale Socialista agì come detonatore: si squaglia come neve al sole di fronte alla rottura dell’unità dei lavoratori europei causata dall’appoggio che i partiti socialisti danno ai governi belligeranti: l’Union Sacrée in Francia; la socialdemocrazia tedesca, il più forte partito operaio nel continente, vota compatta i crediti di guerra; i Belgi difendono subito la loro terra. Gli altri, a cominciare dai socialisti italiani, si ritrovano spiazzati e, ciò che conta, senza difesa. Avevano uno scudo protettivo che in qualche modo li tutelava; ora se ne ritrovano sprovvisti, non protetti da una minaccia incombente e tangibile. In questa prospettiva la posizione degli anarchici è oggettivamente miope: non riescono a vedere il drammatico problema reale, ancorati come sono a schemi ideologici non più adeguati. È in questo contesto che si muove la sinistra spezzina.
Certo, la Grande Storia è la somma delle piccole, ma quanto grande è il riflesso che Quella talora ha su queste!