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Una storia spezzina

I marinai e le sacerdotesse del sesso

di Alberto Scaramuccia

Import 2014

Lo si sa: l’Arsenale portò occupazione sia direttamente che con l’indotto generato. Fra le attività “accessorie”, ci sono anche quelle del tempo libero: ristorazione e divertimento, parola che svaria dallo spettacolo alla prostituzione.
Non sono poche le «sacerdotesse del sesso» (così le chiamano i giornali) che affollano la città: più o meno belle, più o meno giovani, ma sempre disponibili a fornire attimi che, chissà, forse riescono a far dimenticare la solitudine. Per legge di mercato il loro numero è direttamente proporzionale all’incremento demografico e causa anche qualche preoccupazione alle Autorità.
Saint-Bon, ministro della Marina, scrive al sindaco Erminio Pontremoli (è il 1891) lamentando che «donne pubbliche» rendono «impuro l’ambiente» sì che i marinai di ogni grado «si corrompono». Minaccia, addirittura, di spostare la flotta. La pronta risposta del sindaco dice che è una legge dello Stato a causare la rilassatezza dei costumi consentendo a «quelle infelici di far mercimonio di sé» e ricorda anche quanto le case private portano alle casse pubbliche.
Della cosa non si sa più nulla e la minaccia di allontanare la flotta rientra. Figurarsi se, con tutto quello che s’era fatto per avere l’Arsenale, si mandava ogni cosa a puttane per quattro donne di facili costumi!
Ma non è solo etica; c’entra anche il borsellino.
Nel settembre del 1890 “Il Nuovo Comune” dedica al problema un editoriale dal titolo inequivocabile: “Bassifondi”. Nel pezzo ci si lamenta della crescita della «falange delle disgraziate che fanno commercio d’amore» e che hanno come conseguenza l’aumento dei fitti che si abbatte sulle tasche dei poveri Spezzini come mannaia affilatissima che taglia le loro già misere risorse. Certo, la querimonia inizia con una serie di recriminazioni sul degrado della moralità pubblica, ma presto si affaccia il vero motivo della rimostranza: le sacerdotesse di Venere accettano di pagare pigioni più alte, i proprietari di case sono ben contenti di questo e le famiglie della gente “normale”, ancorate alla paga fissa quando c’è, non ce la fanno a star dietro alla curva dei prezzi che s’innalza. Il giornale non sa quale rimedio suggerire se non quello, un po’ improbabile davvero, di fare appello alla coscienza degli affittuari.
L’istanza del settimanale rimane però lettera morta se, giusto un mese dopo, un altro fondo invita tutta la cittadinanza a prepararsi al peggio dato l’arrivo in rada della Squadra. Si delinea un panorama, invero un po’ esagerato anche ai nostri occhi ormai smaliziati, della città invasa da orde di marinai assatanati che si buttano sulle «libere mercatrici del loro amore» e si traccia della Spezia un avvenire fosco con la prostituzione che apre la strada a delinquenza e delitti.
Ai bravi giornalisti non viene da pensare che la criminalità ed il suo eventuale aumento dipende soprattutto da altri fattori sociali (povertà, disoccupazione, necessità) che non di rado creano un mix duro da contrastare. Succedeva così solo allora?