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Una storia spezzina

De Nobili e la Massoneria di un secolo fa

di Alberto Scaramuccia

Massoneria

Poco meno di cent’anni fa Prospero De Nobili viveva ritirato in Costa Azzurra con la nuova moglie. Ha ormai superato la sessantina, un’età allora ragguardevole. Però, nel suo buen retiro non dimentica mai e per nulla l’amata città natale verso la quale spedisce con regolarità corrispondenze in cui ripercorre con pensiero melanconico il passato: dagli episodi più salienti della sua vita politica che era culminata con la partecipazione al Governo, all’avventura imprenditoriale in America. Grazie a questi documenti, conosciamo particolari che meglio permettono di conoscere la sua carriera che fu variegata e brillante, ma c’imbattiamo anche in vicende della sua vita privata quando era il giovane rampollo di un’illustre famiglia patrizia, con qualche lira in saccoccia e tanti sogni davanti agli occhi.
Del tempo, ricorda le frequentazioni nella via Dante che oggi si chiama Gioberti dove in una casa con le imposte chiuse, «apprestava le imberbi labbra al calice triangolare» (so di essere in fascia protetta, ma lui scrive così), né, fra le fantasie della giovinezza, possono mancare le burle di cui era specialista l’Ubaldo; un giorno, ne diremo.
Ma lo spazio viene soprattutto dedicato a commemorare l’iniziazione alla Massoneria, con i suoi riti che suscitavano un riso difficile da contenersi nei giovani “catecumeni” e che finivamo inevitabilmente «con una sbornia generale dalla Teciona», la Tettona, ostessa in via Marsala dal rinomato seno generoso. Poi, giù a ricordare l’elevazione a Maestro per il comportamento durante il colera dell’84 e le logge dove troneggiavano i grandi protagonisti della Spezia di allora, a cominciare dall’Ubaldo che «spiriteggiava» nella loggia La Spezia mentre nella Zenith Attilio Mantegazza, uno dei fondatori della Camera di Commercio, iniziava gli ufficialetti della flotta, fra cui due che sarebbero poi divenuti Ministri della Marina. A quel tempo, dice Prospero, nelle logge «si faceva la vita cittadina» decidendo «fra squadra e compasso» dove fare il nuovo ospedale, come mantenere la laicità dell’Orfanotrofio Garibaldi, in che modo rintuzzare le manovre «della Misericordia e dei preti».
Chissà quanto le cose sono diverse oggi! Certo, l’anticlericalismo non si manifesta più, specie in quelle forme. Però, a leggere di quei tempi, viene immediato un sorriso sulle labbra, anche perché più della battaglia politica, salta fuori la nostalgia dell’ “Addio giovinezza”, l’operetta che non a caso furoreggiava su ogni palcoscenico grazie al suo mix di rimpianto, malinconia, ricordi: proprio quello che leggiamo negli scritti di Prospero.