Una via di Marcantone è intitolata a Giovan Battista De Nobili che, illustre membro di quella famiglia patrizia, fu personaggio di gran spicco nell’Ottocento nostrano. Professore di diritto all’Università di Genova, fu il primo Sindaco nello Stato unitario, consigliere comunale e provinciale, spesso Assessore, né vi fu organismo cittadino che non lo vide nel suo Consiglio direttivo. Per dirne un paio, la Cassa di Risparmio del cui Consiglio d’Amministrazione fu autorevole membro e l’Ospedale che presiedette in un momento particolarmente critico.
Correvano gli ultimi giorni dell’agosto 1884; il colera di cui tutti paventavano la venuta, “finalmente” arriva scatenato da quanto mai improvvide decisioni dell’Autorità statale e locale. La situazione si presenta all’istante disperata, complicata per di più dalla fatiscente situazione ambientale.
De Nobili, Presidente dell’Ospedale, il 21 indice una riunione straordinaria del consiglio di cui è a capo per la mattina del giorno seguente, ma nella notte fa i bagagli e si ricovera a Montecatini lasciando la città sprovvista di un centro direzionale in un settore così delicato ed in un momento così critico. Sorgono tante polemiche che le dimissioni da ogni incarico che subito presenta al termine dell’epidemia, non sopiscono. Resta, comunque, encomiabile la condotta della moglie, la marchesa Silvia, che si prodigò nell’assistenza ai bambini che avevano perso i genitori nei drammatici giorni del contagio, costituendo l’embrione di quello che poi diventerà l’Orfanotrofio Garibaldi.
Come che fosse, De Nobili morirà dopo breve malattia due anni dopo e nell’occasione si conferma l’affetto profondo che lo legava al nipote Prospero che si stava incamminando verso una luminosa carriera politica.
Tuttavia, storiograficamente parlando, resta il problema che quando si dice del colera, non sempre si segnala quanto invece i contemporanei denunciavano con attenzione. Ciò vale per De Nobili, come per il Ministro Generale Benedetto Brin che scende da Roma per ordinare il cordone sanitario che isola la città e per l’Ammiraglio Luigi Di Monale che esegue quell’infame disposizione. Sembra proprio che la Spezia abbia voluto sottacere le loro responsabilità quasi che il non dire potesse cancellarle. Anzi, ha intitolato loro infrastrutture cittadine.
A meno che non sia qualche cosa di peggio, e cioè che la storia che dovrebbe essere la ricostruzione di quanto è stato, si riveli essere in qualche caso solo lo strumento con cui si accontentano esigenze particolari. Però, bisogna che la storia si fermi se si vuol far crescere la memoria.
Una storia spezzina
De Nobili, Brin e Di Monale meritavano di essere ricordati?
di Alberto Scaramuccia