Cento anni fa di ‘sti tempi si fa molta propaganda ché si sottoscriva il prestito per sostenere la Patria in guerra. Per far capire che è cosa giusta e da sostenersi con qualsiasi sacrificio, intervengono i pezzi grossi della cultura cittadina: Ettore Cozzani e Ceccardo Roccatagliata Ceccardi. Li chiama l’Università Popolare, un’istituzione che da anni si prodiga per la cultura spezzina. I due ripagano la fiducia e riempiono la sala dell’enorme teatro Ambrosio di via Di Monale: è folla che ascolta e applaude.
Gli oratori, ideologicamente assai distanti (nazionalista uno, socialista interventista l’altro) portano da due rivi diversi molta acqua al grande fiume della necessità del prestito. Che a parlare si chiamino due oratori così disuguali, prova la divisione che correva nella cittadinanza: per conseguire lo scopo servono due campane che suonino identica musica con rintocchi differenti per attirare spettatori di ogni tipo.
Cozzani è più pratico. Consapevole che la gente vive male, lancia la parola d’ordine “consumare meno e produrre di più”, specie in agricoltura: che ogni donna coltivi dove può verdure da portare sulle tavole ed ogni famiglia allevi conigli e volatili per procurarsi carne senza ricorrere al mercato nazionale che deve pensare a chi è al fronte. Cozzani vede il fulcro della manovra nella donna che resta casalinga, ma con importanza moltiplicata dalla durezza del tempo.
Ceccardo è più sognatore ma, siccome allora non si poteva fantasticare neppure ad occhi aperti, ripara nella storia. L’intervento (s’intitola “Da Orsini a Oberdan”) ha come protagonista il patriota triestino, ma con tanti altri personaggi che, da Mazzini alla madre dei fratelli Bandiera, seppur sfumati, accompagnano chi s’era sacrificato per la Patria.
Si sparge retorica a piene mani, ma si convince il pubblico.
Il giornale anarchico, accusando Cozzani di imporre il digiuno a chi non ha nulla da mettere sotto i denti, lo sbeffeggia chiamandolo Fregoli. La testata libertaria non manca di retorica, ma è anche vero che l’Ettore se l’era andata a cercare con quel “consumate meno” rivolto a chi tirava la cinghia a più non posso. Però, sulle colonne libertarie non trovi una parola contro Ceccardo: perché, pur interventista, era un compagno socialista con cui si sarebbe potuto fare la rivoluzione, o perché invece parlava di miti radicati nell’immaginario popolare e forse anche nelle menti di chi scriveva?
A Cozzani danno del Fregoli, ma non penso vogliano accusarlo di trasformismo. L’artista s’era appena esibito al Politeama; avranno voluto solo dire che l’Ettore era un guitto.
Una storia spezzina
Cozzani e Ceccardi, la strana coppia a sostegno della Patria
di Alberto Scaramuccia