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Una storia spezzina

Con l’Europa nasce la quarta era spezzina

di Alberto Scaramuccia

Bandiera dell'Unione Europea

Sessant’anni fa ieri, allora era un lunedì, a Roma si firmò l’accordo che portò all’embrione di unità nel Continente e che costituì il primo passo verso quella che è l’attuale Comunità europea. Su questa intesa si possono emettere giudizi differenti, ma è incontrovertibile che lo step number one verso una coesione economica e politica, lo si compì allora.
A parer mio, la firma del Trattato di Roma costituisce una data importante anche per la nostra città, un giorno da cui far decorrere il sorgere di una nuova fase nella storia della Spezia.
Infatti, quell’accordo ridisegnò l’aspetto del mercato del lavoro dei primi sei Paesi firmatari che si videro riconosciuti nella detenzione di monopoli che prima non esistevano.
La Germania Ovest, per quanto ci interessa, ebbe l’esclusiva della cantieristica e dei noli, settore economico che al tempo era libero, ma il cui accentramento danneggiò la Spezia, e con lei altre città come Trieste che si videro lese nei loro interessi produttivi dalla restrizione del mercato.
Chi come me ha raggiunto la maggiore età a ventun anni, ricorda bene come da Marola a Portovenere era tutto un fiorire di canterini e che a nessuno di questi impianti, quale che fosse la sua dimensione, mancava mai il lavoro. Dopo la firma di Roma, a poco a poco, tutte quelle officine chiusero i battenti perché le commesse diminuirono fino a scomparire del tutti, dirottate come erano ormai verso il Mare del Nord e la costa di Amburgo.
Ebbe così inizio per la Spezia una nuova era; per come faccio i conti io, la quarta dalla sua nascita. Alle iniziative private che davano lavoro e facevano guadagnare la giornata, subentrò l’intervento pubblico che colmò l’avvenuta mancanza di occupazione mettendo sul mercato la possibilità di entrare nella pubblica amministrazione: scuola, poste, ferrovie, enti locali occuparono chi avrebbe potuto lavorava nelle fabbrichette, senza dimenticare l’Enel, le Partecipazioni Statali e la Scuola allievi operai dell’Arsenale che, invece di formare manodopera qualificata, diventò occasione per creare clientele politiche nello scambio perverso fra occupazione e voto.
Probabilmente, tutti quei canterini della costa occidentale del Golfo erano destinati ugualmente alla scomparsa per l’evoluzione tecnologica che imponeva impianti più specialistici e di maggiori proporzioni per reggere alla concorrenza, ma certo (ricordiamolo quando sentiremo celebrare il Trattato di Roma) quella firma di sessant’anni fa ieri, suggellò la fine di un’epoca e l’inizio della città assistita.
Io mi fermo qui; dell’ulteriore Spezia diranno altri.

PS: Oggi compio 300 puntate. Grazie a tutti: a chi mi legge, a chi mi fa leggere. Al prossimo centenario!