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Una storia spezzina

Una storia spezzina

Come il Comune capoluogo raggiunse l’estensione attuale

di Alberto Scaramuccia

Pitelli

Il Regio Decreto del 25 ottobre 1929 (la Gazzetta Ufficiale lo pubblica un mese dopo) amplia il territorio del Comune di quasi 10 kmq: 4,625 vengono da Vezzano che perde il suo Termo, Limone, Melara, Carozzo e San Venerio, mentre 5 sono territori di Arcola che cede alla Spezia il suo sbocco al mare. Con il Termo arrivano Pitelli, Pagliari, Ruffino, Muggiano e Fossamastra, cioè le zone costiere dove sono insediate importanti attività produttive. Queste aree oltre ad incrementare il territorio spezzino, aumentano anche gli elettori del Collegio che fa capo alla Spezia: gli ex arcolani fino a quel momento dipendevano da quello di Levanto. In termini demografici gli Spezzini aumentano di 9.774 abitanti: 5.446 arrivano dalle zone cedute da Arcola, i rimanenti sono ex di Vezzano.
L’atto è il termine di un processo dalla vita lunga. In effetti, le new entries, con lo sviluppo determinato da Arsenale, industrie e porto, gravitano nell’orbita della città che per effetto della new economy è diventata il loro naturale riferimento.
Data al 1899 la volontà degli abitanti di Carozzo e San Venerio di unirsi al centro maggiore, presto imitati dai Pitellesi. Si manifesta, insomma, la volontà corale di costituire un più grande comune cui nel 1907 si unisce Portovenere, un desiderio che viene reiterato nel 1911 e nell’anno successivo.
Oltre alle motivazioni di carattere economico, a spingere in questa direzione ci sono anche situazioni contraddittorie: il cimitero dei Boschetti è nel territorio di Vezzano; il viale San Bartolomeo che ha un percorso di oltre 4 chilometri, attraversa tre comuni, cosa che crea problemi nella gestione dell’importante arteria.
In realtà nel comune capoluogo si accarezza il sogno sempre coltivato di unificare l’intero territorio del Golfo creando una grande circoscrizione amministrativa che vada dall’isolotto del Tinetto alla punta del Corvo. Si tratta di un progetto ambizioso che non ha possibilità di realizzarsi per più motivi, non ultima la disposizione del Ministero dell’Interno che fissa a 10 chilometri il limite massimo di distanza all’interno del singolo centro abitato. Ma concorrono anche i timori che il centro non curi poi adeguatamente gli interessi delle periferie.
Alla fine l’ampliamento, pur non nelle dimensioni volute, si fa, favorito nel suo successo anche un decreto del 1917 che consente l’ampliamento alle città sedi di porto.
Il Podestà Saverio Nasalli Rocca lo celebra con un discorso orgoglioso con cui anche addolcisce la pillola a Vezzano e Arcola ricordando loro che perdono importanti entrate fiscali ma sono diminuiti nelle spese.

ALBERTO SCARAMUCCIA