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Una storia spezzina

Aumentano i furti nel San Silvestro del 1915

di Alberto Scaramuccia

Una foto d'epoca della Spezia

L’Italia sarebbe scesa in campo 144 giorni dopo, ma quello del ’14 alla Spezia è già un San Silvestro di guerra. Lo si avverte dal tono della stampa locale, austero ma anche dimesso a sottolineare l’atmosfera pesante che si viveva. Non ci sono notizie di feste particolari per l’arrivo del nuovo anno. I veglioni, i cotillons certo vi furono, ma non hanno diritto di cittadinanza sulla carta stampata che tutta rispetta la gravità del momento.
Si informa solo dell’ennesima serata di beneficenza a favore dei profughi del Belgio. Del piccolo stato la Germania s’era impegnata a rispettare la neutralità salvo poi considerare il trattato firmato niente più che carta straccia per poter attaccare la Francia dal lato scoperto. La triste vicenda dei Belgi aveva suscitato molta impressione anche qua alla Spezia e le manifestazioni in loro favore si succedevano frequenti. Per l’occasione, alcune signorine hanno preparato delle bandierine con il tricolore belga che porgono in cambio di un’offerta.
Fra le poche notizie degne di attenzione, l’apertura di uno stabilimento di bagni nel palazzo Contesso in via D’Azeglio di fronte a piazza Verdi: i bagni erano allora strutture importanti ché consentivano la pulizia del corpo in un’epoca sprovvista degli adeguati servizi nelle abitazioni.
Nei resoconti dei capodanni precedenti leggevamo di rapine gentili, come i fiori scippati delle aiole per far felice qualche fantela. Ora invece si dice solo di furti di minor grazia, di razzia di banconote e preziosi in case incustodite. Cambia il genere solo in un frantoio dove sparisce un grosso quantitativo di olio: forse se ne vuole fare provvista nel caso che la guerra lo faccia sparire dal mercato. Anche i furti in aumento nelle abitazioni testimoniano in qualche misura che l’esistenza è resa più precaria anche per l’incertezza del lavoro, dato che i licenziamenti per la guerra che ha chiuso i mercati, non cessano.
Nel panorama spicca il passaggio in treno della salma del venticinquenne Bruno Garibaldi, figlio di Ricciotti, nipote dell’Eroe. S’era subito arruolato volontario nella Legione garibaldina comandata dal fratello Giuseppe, per tutti Peppino per distinguerlo dal nonno. Combattendo i Tedeschi che avevano invaso la Francia, Bruno era morto nella foresta delle Argonne, in Fiandra. Lì, sfortunata famiglia, poco dopo sarebbe caduto anche il fratello minore Costante. Vi muore anche uno spezzino, tale Morelli e resta ferito il fratello di Fiorini, arsenalotto e assessore socialista.
Ma è il feretro di Bruno che suscita maggiore emozione. Alla stazione, lo saluta una piccola delegazione: vigili in alta uniforme; l’assessore socialista Piola (a luglio sarà sindaco) porge le condoglianze ai familiari ed offre una palma ed un mazzo di garofani rossi; presenzia una delegazione repubblicana. Quando il treno riparte, la folla grida: “W Garibaldi” per la mazziniana Gazzetta, e “W Trieste” per il clericale Popolo.
Qual è la verità? Solo una: l’ideologia ha sempre partita vinta.