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Una storia spezzina

Anche alla Spezia nessuno credeva allo scoppio della Grande Guerra

di Alberto Scaramuccia - Spezia nella grande guerra, 1

L'attentato di Sarajevo in una illustrazione dell'epoca

Cento anni e un giorno fa ci fu l’attentato di Sarajevo: uno studente serbo sparò all’erede al trono d’Austria uccidendolo. Fu la scintilla che innescò la grande carneficina della prima guerra mondiale. Molte furono le cause che portarono all’immane e insano massacro: corsa agli armamenti, rivendicazioni territoriali, volontà di rivincite, espansione coloniale, conquista dei mercati, paura di essere aggrediti, né si dimentichi la volontà di arrestare l’avanzante unità internazionale della classe operaia.
Di tutto questo non dirò sulla rubrica. Qua voglio solo voglio riferire su come reagì la città secondo quanto si può leggere negli antichi periodici spezzini che sono consultabili in Rete.

Ebbene, non ne parlano ed è cosa comprensibile. Infatti, la stampa locale dell’epoca si occupa quasi esclusivamente di fatti nostrani, a volte affronta temi di politica interna, praticamente mai tratta di questioni internazionali. Si va dalla polemica politica cittadina più o meno maliziosa, alle diatribe delle comari; dalla contesa fra le sinistre che ancora tengono il comune e gli avversari che hanno loro tolto la deputazione parlamentare, alle notizie sull’industria spezzina che, specie la cantieristica, coglie successi ovunque. A metà marzo, ad esempio, la Fiat-San Giorgio vara un sommergibile che vende alla Russia e che sarà protagonista con il nome di 43 di una storia di cui diremo tra un po’.

Ma il disinteresse per l’episodio di sangue è spiegabile anche con il fatto che in Europa nessuno crede veramente alla guerra. Ad esempio, mentre le diplomazie erano freneticamente all’opera (attività che si sarebbe poi rivelata purtroppo assolutamente inutile) per scongiurare la mobilitazione degli eserciti, il Kaiser Guglielmo II progetta tranquillamente un viaggetto da compiere con il suo yacht lungo i fiordi norvegesi.

Insomma, tutti, o quasi, scambiarono per un trastullo con i fiammiferi quello che invece era il principio di un incendio di cui non ci si tardò, ahimè, ad accorgere di quale fosca tinta era fatto.
Per questo, non critichiamo la nostra stampa locale che della triste faccenda si disinteressa del tutto, evidentemente demandando all’informazione di maggior spessore il compito di aggiornare sull’andamento degli avvenimenti.

L’unica eccezione è un fondo che il La Spezia scrive all’indomani dell’attentato, il 2 luglio. Il periodico (allora, qua non usciva nessun quotidiano) reca come sottotitolo la dicitura “Settimanale Repubblicano”.
L’articolo attacca violentemente il Re ed il Governo Salandra che hanno decretato tre giorni di lutto nazionale per l’attentato che ha ucciso l’erede di una dinastia che non era molto amata dalla testata e neppure godeva di molta popolarità nel Paese. Contro il provvedimento il giornale usa parole di fuoco, ma null’altro. Non scrive neppure una virgola sulle conseguenze che l’attentato avrebbe potuto avere, e che purtroppo ebbe. Erano tutti ciechi e quando aprirono gli occhi, il macello era ormai cominciato.

(Continua…)

P.S: Le puntate in cui analizzo l’impatto che la Grande Guerra ebbe sulla Spezia non hanno continuità seriale perché rispettano le diverse ricorrenze temporali. Non stupitevi, quindi, se il seguito non lo trovate domenica prossima.