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Una storia spezzina

A Féa de San Giüsepe, un film che non stanca mai

di Alberto Scaramuccia

Import 2015

Ho già detto che, fatte alcune eccezioni, agli Spezzini manca un’epica che è la forma condivisa e popolare della conoscenza del proprio passato. Fra le eccezioni, la Fiera di San Giuseppe che è rito cui nessuno nato e cresciuto sulle rive della Sprugola sfugge perché gli è stato inculcato fin da quando hanno legato un palloncino al suo passeggino. Sebbene il panorama ogni tanto muti ché si sposta la location delle bancarelle, sebbene a resta dee nissèe che mi mettevano al collo da bimbo non ha la stessa fragranza della porchetta che eccita inveterata golosità, la gioia, il divertimento, il piacere di stare dentro a quella confusione, li trovo sempre identici, sempre uguali, sempre gli stessi da sessant’anni e passa, quanti ne conta ormai la mia esperienza.
Certo, ai compratori non si presenta più la stessa offerta perché è difficile non cambiare nel mondo che muta, ma l’atmosfera non cambia perché ogni anno uguale è la partecipazione che, essendo di massa, legittima l’asserzione di partenza: essere a Féa de San Giüsepe manifestazione principe del nostrano folklore, parola di razza germanica che designa il sapere del popolo, cioè la consapevolezza che una comunità ha di sé.
Benvenuti, dunque, San Giuseppe e la sua Fiera!
Che poi, a ben vedere, fu la stessa espressione con cui fu accolta nel 1653 quando il Senato di Genova autorizzò la piccola comunità spezzina ad indire per l’anno seguente questa festa, insieme ad un’altra da tenersi nel giorno dell’Assunta.
Ma non fu per incentivare la coesione popolare. Nelle intenzioni avrebbe dovuto dare un po’ di respiro ad un’economia troppo asfittica. Per questo si affrancano dalle tasse le merci, ma solo quelle che arrivano via terra. Per i prodotti che sono esposti alla vendita dopo un viaggio sulle onde, la Lanterna mantiene il gravame fiscale: non può certo rinunziare ai privilegi. Anzi, per aumentarli applica il balzello anche a quelli che provengono dall’Avenza e dalla Magra. Mica scemi i Genovesi: comprensivi della situazione sì, ma calarsi le brache proprio no.
Al di là di tutto questo, comunque, 360 anni fa prende il via un’avventura che, consolidatasi nei decenni, ogni anno incrementa fascino e popolarità, seducendo ed attraendo ogni volta anche se si ripropongono cose già esibite.
Come Montalbano che, pur visto e rivisto, non si perde mai o certe pellicole che non stancano anche se conosciute a memoria. Vuol dire che esiste un valore aggiunto, un quid che non è mai facile definire se non per il suo potere aggregante che ritroviamo anche nei proverbi che lamentano la presenza assidua della pioggia. Se poi dovesse mancare, ecco che, come successe100 anni fa, interviene la mareggiata con onde “gigantesche e frementi che guastarono la passeggiata Morin e portarono diverse tavole del ponte davanti alla Croce di Malta”.
Ma il giorno dopo tutti furono in viale Savoia dove si stendevano i banchetti e al Civico per le fiera di beneficenza che vantò due premi speciali. Li offrirono Papa Pio X e la Regina Madre.