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Sprugoleria

Sprugoleria

Tron e l’idiosincrasia per arti e stravaganze

di Bert Bagarre

Via Chiodo amarcord

Non credo che sia una caratteristica di Sprugolandia ma sono convinto che in questa landa sia uno degli sport maggiormente praticati: deridere chi si dedichi a qualche cosa di anomalo o che comunque si allontani dal trantran della routine. L’irrisione che dispregia l’attività praticata invitandolo in contemporanea a rivolgersi ad altro esercizio. È questo l’argomento del terzo, ed ultimo, componimento della rassegna poetica indetta da L’Opinione.

Questa iniziativa non riscosse, quindi, un grande successo, ma quelle tre poesie restano documento di modi di pensare che si agitavano cent’anni fa lungo le sponde del Golfo. Testimonianze di mentalità, dunque, ma denotano anche una pur dilettantesca maestria compositiva. Infatti, la poesia di oggi è una ballata di quattro stanze di quattro endecasillabi ciascuna che si dipanano in una serie di rime alternate. Ne è autore Tron, compositore che già abbiamo avuto modo di conoscere qualche puntata fa, anche se è del tutto irriconoscibile sotto l’egida del suo pseudonimo di cui si può solo
dire che significa tuono nell’dioma sprugolotto.

Inizialmente, il nostro sconosciuto Tron sembra buttarsi contro una moda che evidentemente imperava allora a Sprugolandia, quella di darsi alle arti figurative che sembrano attrarre non pochi giovani. Il nostro poeta giudica, infatti, che quest’attività sperpera risorse essendo, per di più, del tutto infruttuosa: non si guadagna, insomma. Al termine di questa filippica, ecco arrivare il suggerimento: che i giovani si dedichino alle pratiche sportive che sono al momento quelle veramente remunerative. Chi ha voglia di far carriere, si metta un par de braghette per correre sotto la calura estiva o per fare il giro d’Italia in bici. O anche salire su un ring per farsi rompere il “móro”, la faccia con una bella sberla.

Ed ecco il colpo di scena: Tron vuole veramente mettere alla berlina chi per essere alla moda fa lo stravagante, ma questi non sono gli artisti contro cui il Nostro sembra accanirsi per ¾ della poesia, bensì gli sportivi che s’impongono fatiche massacranti per raggiungere la celebrità. Di Tron non conosciamo l’identità ma possiamo dire con certezza che non accettava i ritmi della società industriale che per una diversa organizzazione della giornata liberava degli spazi di tempo che in qualche modo andavano riempiti. Non capisce Tron che la diffusione dello sport significa che la società sta cambiando la sua faccia. Sotto il profilo linguistico, vale la pena soffermarsi sul nome móro che non indica una tinta bensì il volto: alla base ci sta la deformazione del latino musus.

Dedicà ai Artisti


1) Ma finila, de a mente, lassè andae – Cosa serve c’à fè de monümenti? – L’è mégio che e palanche ai bütè ‘n mae: –
per l’arte, adesso l’en pèssimi momenti!
2), L’è inütile parlane, perchè anchè – Nissun se n’anteressa, zia e rizia, – fe püe na statua bèla come o Re, ne trovè ‘n
cristian che ve la mia.
3) S’a vorè fave en nome, fanti cai, – s’a vorè deventae celebrità, – s’a vorè guadagnave di dinai, – i penèli e i coloi
lasseli ‘n cà.
4) Metève i causson cürti e na bereta – E andè a fae e corse soto o sò leon; – andè a fae er zio d’Italia en bicicleta, – o
feve rompie ‘r móro co ‘n paton! Tron
L’Opinione, 2 febbraio 1925, p. 2

Ma finitela, pensateci, lasciate stare – a cosa serve fare dei monumenti? – È meglio che i soldi li buttiate in mare: – per
l’arte ora sono momenti molto brutti.
Se volete farvi un nome – se volete diventare delle celebrità – se volte guadagnare dei soldi – i pennelli e i colori
lasciateli a casa.
È inutile parlarne, perché oggi – Nessuno se ne interessa, gira e rigira, – Fate piure una statua bella come un Re – Non
trovate un cristiano che ve la guardi.
Mettetevi i calzoni corti e un berretto – E andate a fare le corse sotto il solleone; – Andate a fare il giro d’Italia in
bicicletta – O fatevi rompere il muso da un patone!