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Sprugoleria

Sprugoleria

Sui sentieri a piedi "gnudi"

di Bert Bagarre

Import 2018

Se di una cosa i padri latini volevano dire che avrebbe resistito alla corruzione operata su tutto dal tempo, la magnificavano dicendo che sarebbe stata più eterna del bronzo ritenendo quella lega simbolo di immarcescibilità.
Eppure, il piede destro della statua bronzea di San Pietro in Vaticano è consunta per i tanti tocchi dei fedeli che nei secoli hanno così manifestato devozione e fiducia per le indulgenze che lo sfioramento assicura.
Nulla, diceva il Poeta Guccini, regge all’ingiuria degli anni, ma i segni del tempo certificano anche presenze.
I baci che a Lucca hanno sfiorato la bocca di Ilaria bellissima, parlano dei milioni che hanno solo accarezzato quelle labbra screpolate che mai nessun lipstick potrà riportare alla forma primitiva: solo danno o anche testimonianza?
Sono i pensieri che rimugino mentre cammino i tratturi assolati che collegano la landa della Sprugola alla sua periferia inerpicata fra mare e roccia dove le onde infuriate infrangono la loro collera sparando al cielo il salino destinato a ricadere ubertoso su acini che quella pioggia impreziosisce ed insapora.
Mi faccio i sentieri che friniscono di cicale, pestando ciottoli, erba e terra battuta, ma il piede ogni tanto s’imbatte in una lastra di pietra che porta i segni dei tanti passi da cui nel lento scorrere del tempo è stata inciampata.
Nonno Andrea, classe 1870, i vegniva da u Levàntu e a volte mi raccontava che quando da bimbo andava in città, era davvero un’avventura degna di Odisseo issarsi per quei sentieri con gli zoccoli. Ma c’era anche chi, addirittura, si azzardava a percorrerli a piedi gnudi come Valentino: non per adempiere a qualche voto, ma perché le scarpe si indossavano solo nei giorni di festa, portate sul vestito della domenica, quello buono che era poi anche l’unico.
E allora comprendi tante cose: dall’indole sparagnina che la razza sprugolina ha trasmesso anche ai barbari venuti da fuori, poveri in canna pure loro, al perché di quegli incavi anomali perfino nella scabrosità del sasso. A modellarli in quella forma è stato il ripassare continuo del legno dei calzari senza dimenticare la chimica prodotta dal sudore di estremità non vestite.
A intagliare quelle vie che correvano nei boschi o lungo il picco sul mare era stato il viavai ininterrotto lungo quelle autostrade frequentate da chi era obbligato a muoversi per vendere e comprare, ma anche per andare dalla spaviccia. In una parola, per vivere.
Allora comprendi anche i ritmi di un’esistenza che era tanto diversa dalla nostra, ma che della nostra costituiscono gli imprescindibili presupposti. Da non dimenticarsi.