LA REDAZIONE
Scrivici
PUBBLICITÀ
Richiedi contatto

Sprugoleria

Sprugolandia e lo ‘ius soli’ ai tempi di Carlo Caselli

di Bert Bagarre

Carlo Caselli

Un aficionado mi rimprovera perché nella rubrica che, grazie a chi le legge, ha ormai superato le venti puntate, non ho ancora detto dell’acqua che scaturiva dalla Sprugola e che costituiva la carta d’identità certificante l’appartenenza alla consorteria di Sprugolandia. Infatti, l’idea era che per esserne membri bastava essersi dissetato almeno una volta alla fonte della Sprugola che per sue virtù assicurava al bevitore lo status di componente della comunità raccolta attorno alla sorgiva: altro che di ius soli si trattava, qui il diritto derivava da bevuta!

Chi divulga questa convinzione, raccogliendo una vox populi che ci testimonia della considerazione in cui era tenuto, è Carlo Caselli. Era di Guastalla, ma l’ininterrotta permanenza da queste parti e le tante ricerche che condusse per il territorio più ampio al fine di scandagliarlo a fondo per conoscerlo fin nei suoi più remoti anfratti, ne fanno, più che un cittadino onorario di Sprugolandia, un autentico sprugolotto doc. La sua asserzione sulle qualità eccezionali di quell’acqua può dipendere da motivi personali: Caselli scrive pro domo sua. Riporta una voce che ha sentito da fonti autoctone, ma la sua penna scrive sotto la dettatura di interessi personali. Vuole, cioè, attirarsi il consenso della gente che gli è intorno affinché non lo considerino un estraneo, ma uno di loro, integrato per bene e perfettamente a proprio agio nell’ambiente che ha eletto a suo habitat.

Questa è la prima considerazione che viene alla mente, ma forse può esserci un’altra spiegazione, meno banalmente immediata e più sofisticatamente sottile. Caselli non vuole raccontarci una storiellina che così come è detta è destinata a rimanere confinata nello stretto ambito del folklore locale. Il suo scopo è indirizzare chi lo segue verso un discorso più ampio che sostiene che giova aumentare la conoscenza delle cose del territorio, dal passato dei luoghi che lo compongono alla forma che hanno assunto nel lungo corso del tempo. Perché, se si segue questo invito, si smette di abitare il luogo dove si è per cominciare a viverlo. Aumenta la consapevolezza identitaria e il senso di appartenenza che, specie di questi tempi, è valore di non poca consistenza, per dirla con le parole di oggi.

Ma, sono sincero, a leggere Caselli i cui archivi erano i racconti della gente per cui divulgava quanto appreso ché mai scrisse su riviste auliche, a me sembra di risentire Quinto Ennio, il padre della poesia latina, che nel secondo secolo avanti Cristo invitava ad approfondire la conoscenza di questi posti perché “ne vale la pena, concittadini”.