- Il nonno Giuseppe che di cognome faceva Stretti, era stato per anni direttore della sala da ballo di una società che stava in via Colombo dove sprizzava fuori la Sprugola. Sul locale che l’ospitava oggi sta ancora fuori il nome anche se da qualche tempo la società s’è trasferita all’altro capo di Sprugolandia.
Nonno era il responsabile di quel locale che, frequentatissimo, ogni sera s’affollava della meglio gioventù sprugolotta per intrecciare carole gioiose: per divertirsi ed anche fiduciosi ché da cosa nasce spesso cosa. Ovviamente, funzionava anche un bar per ristorare con gli esausti ballerini anche chi là si recava solo per farsi un goto seduto al tavolino e osservare i vorticosi giri.
Diceva il nonno che al tempo la bevanda più richiesta era lo Strega. Lo bevevano pure in casa e la domenica si vedeva spesso sul tavolo dopo la frutta. Quella bottiglia piena di liquido giallastro la ricordo bene con la sua etichetta che era di un bel colore giallo accattivante. Oggi il liquore è noto perché avrebbe poi dato il nome ad un prestigioso premio letterario, ma allora era la bibita che tutti chiedevano, un infuso di erbe dal sapore gradevole e che scaldava a dovere appena ingurgitata.
Capita così che un giorno nella sala fra balli e drinks giunge un tizio dall’aria foresta, mai visto prima. Entra, tralascia la discoteca e va al bar dove ordina uno Strega che il barista prontamente gli mesce servendolo dalla famosa bottiglia. Il tizio prende il goto, annusa a lungo il contenuto, beve un sorso, si sciacqua la bocca, indi, terminate le operazioni di assaggio, ingoia il tutto. Sta un po’ lì pensieroso, tamburella con le dita il piano del bancone e poi ne comanda un’altra. Se la beve, estrae il portafoglio, paga la consumazione. Poi dalla tasca cava un tesserino di riconoscimento. “Sono un ispettore della Strega. Questa non è l’originale”. Apriti cielo! Le danze s’interrompono, l’orchestra divien tremando muta e tutti attorno al bar. Non si diceva ancora taroccato, ma il concetto era quello.
Nonno, eroe della serata, salva capra e cavoli: fa dire al barman che il cambio di liquore era stata una sua iniziativa di cui la società non aveva colpa. Il barista, magari sollecitato da una provvidenziale strizzatina d’occhio, annuisce assumendosi l’intera responsabilità dell’accaduto e l’incidente finisce lì.
Alla fine, concludeva nonno, il tizio della Strega si guadagnò un bell’ordine e il barista un premio sottobanco. Alle queste parole finali domandavo sempre: “Ma gli Sprugolini che cosa ne ricavarono?”.
L’immancabile risposta era: “Il locale non chiuse e venne più gente”.
BERT BAGARRE